La Macchina dei Sogni
Il palazzo delle cento stanze
Palermo 14-18 ottobre, Museo Archeologico Regionale A. Salinas
L’intelligenza del presente risiede nella conoscenza del passato
Ranuccio Bianchi Bandinelli
La Macchina dei Sogni non è mai stata pensata per luoghi tradizionalmente deputati allo spettacolo, ma per spazi organizzati e allestiti per l’occasione. Gli ambienti del Museo Archeologico saranno, dunque, il genius loci del nostro progetto, che sarà ispirato da una delle più ricche collezioni archeologiche d’Italia, testimonianza della storia siciliana in tutte le sue epoche, che vanno dalla preistoria al medioevo e ci portano nel cuore del Mediterraneo, nel centro nevralgico della storia, luogo elettivo di innovazione e sperimentazione sociale, un territorio fluido nel quale i popoli si sono spostati da Est a Ovest e da Nord a Sud dando origine a un insieme di culture popolate da miti e da leggende antichissime, che raccontano di intrecci e contaminazioni e riconducono agli albori della civiltà occidentale.
Emblematico è il mito di Europa, la fanciulla rapita da Zeus su una spiaggia libanese e condotta a Creta. Dalla sua unione col padre degli dei, genererà tre figli. In questa figura femminile, la cui storia racconta le origini mitiche del nostro continente, si sintetizza la storia del Mediterraneo, dunque la nostra storia. Il mito di Europa è stato narrato e rivisitato innumerevoli volte e in anni più recenti ha assunto un significato multiculturale. Nell’arte figurativa, una tra le espressioni più belle la troviamo descritta in una piccola metopa selinuntina, conservata proprio al Museo Salinas, dove Europa attraversa il mare a cavallo di un toro bianco (Zeus) attorniata da grossi pesci zampillanti.
Dal mito di Europa a quello di Medusa il passo è breve. Medusa è legata all’immagine della nostra bella Isola, terra fertile e operosa. Il Museo ha dedicato la sua Agorà – nelle polis, per antonomasia, il luogo della democrazia e delle assemblee – proprio a Medusa, destinata dal Fato ad essere maledetta da una dea e immortalata nel suo ultimo respiro: un urlo soffocato che invoca l’amore degli uomini.
Tutte le attività del Festival – mostre, spettacoli, installazioni – dialogheranno dunque con la ricca collezione archeologica custodita all’interno del Museo. La centralità del racconto orale, sostenuta da una variegata offerta culturale di qualità, sarà l’ingrediente principale di questa 37esima edizione, che come ogni anno sarà unica e irripetibile per temi, ambientazione e proposte.
Il perimetro della cultura classica è, per noi, «un serbatoio di valori nei quali possiamo ancora riconoscerci» (Salvatore Settis), «non un rifugio dal quale tenere sufficientemente lontani i pericoli e le incongruenze della contemporaneità, ma al contrario un metodo di confronto e di ricerca che può orientare la costruzione del futuro, per rapportarsi a ciò che ci è “estraneo” senza indulgere in negazioni ideologiche ed aprioristiche, né in identificazioni affrettate e superficiali» (Caterina Greco).
Il nostro progetto si rivolge soprattutto ai giovani, ai quali vogliamo dimostrare quanta corrispondenza vi sia tra le storie mitologiche e la vita di tutti i giorni. I fatti contemporanei si intrecciano col mito e con esso si confrontano, offrendo spunti di riflessione sui giganteschi drammi che vive l’uomo contemporaneo. I miti greci sono radicati nella nostra coscienza, si annidano in essa come archetipi, strutturano la nostra mente senza che noi ce ne accorgiamo. Le rappresentazioni prodotte e ospitate sono, dunque, legate al tema del mito.
Gli spettacoli L’ira di Achille e Medusa, in particolare, sono realizzati dalla nostra compagnia. Il primo si svolge su tre piani scenici: gli uomini/pupi, i sacerdoti/pupari e gli dei/attori, in una felice contaminazione tra diverse tradizioni orali e performative che è evidente sin dall’inizio. La drammaturgia, sempre lineare, segue passo dopo passo l’Iliade senza mai banalizzare o semplificare. La musica, il ritmo incalzante delle scene e dei dialoghi, ma soprattutto il piacere puro, intatto, assoluto del racconto, che riscopre l’antica arte dei rapsodi omerici, ci riporta indietro nel tempo e la storia prende corpo e voce attraverso i pupi, gli opranti e gli attori.
In Medusa convivono le tradizioni dell’opera dei pupi e dell’opera lirica. La trama prende spunto dai racconti mitici che narrano della Gorgone, precisamente quelli di età ellenistica, le cui fonti riferiscono di una bellissima fanciulla mutata in mostro dalla dea Atena, irata per la profanazione del suo santuario in seguito all’amplesso della giovane con il dio dei mari Poseidone.
Fagiolino Asino d’oro della compagnia Teatro del Drago di Ravenna è uno show d’arte varia, che richiama un decadente circo ottocentesco incentrato su una struttura “scenica-coreografica” di disorganizzati artisti ambulanti. La comicità semplice ed immediata è uno degli elementi che lega i tre differenti generi presenti nello spettacolo: il teatro dei burattini, l’arte antica dei cantastorie, la giocoleria degli artisti di strada. La rappresentazione è ispirata a L’asino d’oro di Apuleio, ma il protagonista della storia è Fagiolino, l’eroe dei burattini tradizionali dell’Emilia Romagna.
Cassandra di Elisabetta Pozzi procede attraverso memorie letterarie che riguardano il personaggio mitologico, un collage di ricordi narrati in prima persona.
La drammaturgia dello spettacolo si avvale del contributo di Massimo Fini, con il quale l’attrice ha costruito il finale, una sorta di tragico epilogo in cui Cassandra vede il futuro dell’uomo moderno, che con la sua incapacità di porsi dei limiti è ormai diventato «un minuscolo ragno al centro d’una immensa tela che si tesse ormai da sola e di cui è l’unico prigioniero».
Per i più piccoli, il programma prevede Fiabe africane e La forma delle storie, due spettacoli della compagnia La Voce delle cose di Bergamo. Le fiabe rappresentano la mappa del mondo che una società trasmette alle generazioni future. Ciò è ancor più necessario in quelle società dove non è presente una lingua scritta, dove le narrazioni fiabesca, epica e mitologica non sono completamente distinte e dove l’ascolto di ognuna di queste coinvolge l’intera popolazione.
Scilla e Cariddi della compagnia Teatro degli Spiriti di Palermo racconta la straordinaria avventura fatta di inseguimenti, di mari, di amori e di mostri marini che porterà Scilla a incontrare Cariddi.
E infine, l’immancabile Pulcinella di Bruno Leone, un personaggio irriverente alle prese con gli imprevisti del quotidiano, protagonista assoluto, che affronta e sconfigge i suoi avversari, dispensando lezioni di vita e di buon senso.
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CALENDARIO
14 ottobre
ore 10,30 | Viaggio avventuroso tra storie, miti e leggende – Figli d’Arte Cuticchio
ore 16,00 | Viaggio avventuroso tra storie, miti e leggende – Figli d’Arte Cuticchio
ore 18,00 | Scilla e Cariddi – Teatro degli Spiriti
ore 21,00 | Cassandra o dell’inganno – Elisabetta Pozzi
15 ottobre
ore 10,30 | Viaggio avventuroso tra storie, miti e leggende – Figli d’Arte Cuticchio
ore 16,00 | Viaggio avventuroso tra storie, miti e leggende – Figli d’Arte Cuticchio
ore 18,00 | Storie di Pulcinella – Bruno Leone
ore 18.30 | presentazione del libro Museo Nazionale 150 opere d’arte della storia d’Italia di Monica Onofrio
ore 21,00 | Fagiolino Asino d’Oro – Teatro del Drago
16 ottobre
ore 10,30 | Viaggio avventuroso tra storie, miti e leggende – Figli d’Arte Cuticchio
ore 15,00 | In viaggio con Ulisse nella terra dei bambini – Labortorio per bambini
ore 16,00 | Viaggio avventuroso tra storie, miti e leggende – Figli d’Arte Cuticchio
ore 18,00 | La forma delle storie – Luì Angelini – La voce delle cose
ore 21,00 | L’ira di Achille – Figli d’Arte Cuticchio
17 ottobre
ore 10.30 | Viaggio avventuroso tra storie, miti e leggende – Figli d’Arte Cuticchio
ore 15,00 | In viaggio con Ulisse nella terra dei bambini – Labortorio per bambini
ore 16,00 | Viaggio avventuroso tra storie, miti e leggende – Figli d’Arte Cuticchio
ore 18,00 | Fiabe africane – Paola Serafini – La voce delle cose
ore 21,00 | L’ira di Achille – Figli d’Arte Cuticchio
18 ottobre
ore 10.30 | Viaggio avventuroso tra storie, miti e leggende – Figli d’Arte Cuticchio
ore 16,00 | Viaggio avventuroso tra storie, miti e leggende – Figli d’Arte Cuticchio
ore 18,00 | In viaggio con Ulisse nella terra dei bambini (saggio)
ore 21,00 | Mythos, il racconto infinito – Conversazione con Maurizio Bettini / A seguire la proiezione di Medusa
Laboratorio creativo
“In viaggio con Ulisse nella terra dei bambini”
In viaggio con Ulisse nella terra dei bambini è un laboratorio creativo rivolto a bambini dai 6 ai 10 anni. Basato sulla costruzione di pupi di carta e creta, il laboratorio si propone di raccontare il mito senza tempo dell’Odissea attraverso uno sguardo nuovo e attuale, che pone al centro il punto di vista del bambino. Mediante la creazione di una storia basata sulla narrazione mitologica, ciascun bambino potrà dare vita ai personaggi da lui stesso costruiti, intraprendendo un viaggio nell’animo umano e nel mondo di oggi. Particolare attenzione sarà data all’esperienza dei bambini in relazione ai grandi temi sociali, dalle questioni ambientali alla società in trasformazione. Un viaggio introspettivo alla scoperta di sé stessi, dunque, ma anche del mondo che ci circonda, dove albergano metaforicamente mostri, giganti e pericolose creature che mettono in difficoltà, ma anche eroiche e avventurose figure disposte ad ascoltare, sostenere e proteggere, che offrono occasioni di crescita e sviluppo.
Il mito di Ulisse offrirà l’occasione per affrontare tematiche attuali come i cambiamenti climatici del nostro pianeta, le migrazioni, i rapporti sociali e le questioni identitarie, le nuove tecnologie e il web, le trasformazioni della famiglia, le nuove prospettive di sviluppo. Attraverso il legame tra la simbologia mitologica e il vissuto infantile, ciascun bambino, come Ulisse, potrà solcare il mare della conoscenza, attribuire significati alla vita di tutti i giorni, veicolare espressioni e sensazioni stabilendo un contatto con le proprie emozioni e con gli altri. La dimensione artistico-narrativa del teatro di figura stimolerà la creatività, la manualità e l’espressione di linguaggi artistici differenti, in uno spazio creato a misura di bambino, dove ciascuno potrà esprimersi e raccontarsi liberamente in un contesto di socialità.
Il laboratorio, condotto da Sara Cuticchio, psicologa e psicoterapeuta infantile, si svilupperà nell’arco di tre incontri pomeridiani della durata di tre ore ciascuno, che prevedono la creazione di una storia, la realizzazione dei pupi e la messa in scena attraverso le marionette. L’adesione è limitata a 10 bambini previa prenotazione.
16, 17, 18 ottobre 2020 dalle ore 15,00 alle ore 18,00
Museo Archeologico Regionale A. Salinas – Palermo
È un laboratorio creativo rivolto a bambini dai 6 ai 10 anni programmato all’interno del festival La Macchina dei Sogni.
Basato sulla costruzione di pupi di carta e creta, il laboratorio si propone di raccontare il mito senza tempo dell’Odissea attraverso uno sguardo nuovo e attuale, che pone al centro il punto di vista del bambino. Mediante la creazione di una storia basata sulla narrazione mitologica, ciascun bambino potrà dare vita ai personaggi da lui stesso costruiti, intraprendendo un viaggio nell’animo umano e nel mondo di oggi.
Il laboratorio, condotto da Sara Cuticchio, psicologa e psicoterapeuta infantile, si svilupperà nell’arco di tre incontri pomeridiani della durata di tre ore ciascuno, che prevedono la creazione di una storia, la realizzazione dei pupi e la messa in scena attraverso le marionette. L’adesione è limitata a 10 bambini.
Per partecipare occorre mandare una richiesta a: pupi@figlidartecuticchio.com entro e non oltre il 9 ottobre 2020
Per ulteriori informazioni e/o chiarimenti telefonare allo 091323400
Foto e video degli spettacoli
Per vedere le fotografie e i video registrati in diretta durante La Macchina dei Sogni 2020
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ALLESTIMENTO
Alcuni spazi del Museo ospiteranno una mostra di arazzi “pezzati”, ideati e realizzati da Tania Giordano. Tra le metope di Selinunte, custodite in questo potente vaso di Pandora che è il Salinas, raccoglieremo virtualmente frammenti di vita e racconteremo altre storie. Diremo di animali, di donne, di uomini e di miti tutti imbrigliati dai sentimenti e dalle passioni umane. Vittoriosi e perdenti, naufraghi e schiavi, poveri e re, tutti vivi dentro il mito.
Li racconteremo con ago e forbici, impreziosiremo gli arazzi col metallo dei pupi, tesseremo una trama di storie “pezzate”, dialogheremo con il passato nella consapevolezza che il presente è in divenire. Il viaggio tra gli arazzi sarà accompagnato dai testi di Tiziana Lo Porto, scrittrice e traduttrice che, insieme a Tania, è stata allieva del primo corso della scuola per pupari e cuntisti nel 1997.
Gli uccelli, metafora del viaggio, il cui volo secondo l’arte della divinazione è in grado di presagire il futuro, saranno il filo conduttore di una storia abitata da una galleria di divinità, figure eroiche e creature mitologiche convergenti tutte nel Palazzo delle cento stanze di Priamo. Il testo sarà parte integrante degli arazzi esposti, le parole tesseranno una trama di racconti e una geografia di avventure.
Il visitatore sarà così proiettato idealmente nella Persia di Farid al-Din Attar e della sua Conferenza degli uccelli, messa in scena da Peter Brook in uno dei suoi spettacoli più noti, così come nei poemi omerici, nella mitologia greca e negli adattamenti letterari contemporanei (dal Canto di Penelope di Margaret Atwood alla Canzone di Achille e Circe di Madeline Miller), rimanendo in contatto con l’immaginario iconografico dell’Opera dei pupi, così ricco di creature mitologiche e figure eroiche, e dialogando con la potenza evocativa degli spazi e delle opere del Museo Archeologico di Palermo.
Particolare attenzione sarà data alle figure femminili della mitologia, da Penelope ad Atena ed Europa, fondanti quanto quelle maschili e necessarie al divenire delle storie raccontate quanto e a volte anche più degli uomini.
COMPAGNIE e SPETTACOLI
Dopo la formazione presso la Scuola del Teatro Stabile di Genova, Elisabetta Pozzi fa il suo debutto sulle scene giovanissima a fianco di Giorgio Albertazzi, e fin da subito si afferma come una delle personalità più talentuose e versatili del panorama teatrale italiano, prendendo parte a numerosi spettacoli insieme al maestro.
Nel corso della sua straordinaria carriera, lavora ed è diretta da alcuni dei più importanti registi della scena nazionale ed internazionale. Ha vinto tutti i più prestigiosi premi del teatro italiano, tra cui 4 premi UBU, il premio Franco Enriquez, il premio Associazione Critici, il Premio Eleonora Duse.
Ha lavorato molto anche nel cinema: debutta nel 1979 ne Il mistero di Oberwald di Michelangelo Antonioni, nel 1992 ottiene il Premio Donatello quale migliore attrice non protagonista del film di Carlo Verdone Maledetto il giorno che t’ho incontrato; nel 2005 è nel cast di Cuore sacro di Ferzan Ozpetek.
Parallelamente alla carriera attoriale matura una vasta esperienza in molteplici campi della cultura e del teatro. Ha collaborato con numerose Università (Bologna, Genova, Roma, Parma, Venezia) e insegnato presso l’Università IUAV di Venezia.
Nel 2017 inizia la collaborazione con il Centro Teatrale Bresciano, per il quale costruisce un progetto teatrale e culturale di respiro pluriennale, centrato sulla valorizzazione della migliore drammaturgia contemporanea.
Cassandra o dell’inganno
drammaturgia Elisabetta Pozzi
con la collaborazione di Massimo Fini
musiche e disegno luci Daniele D’Angelo
spazio scenico Guido Buganza
movimenti Alessio Romano
produzione Centro Teatrale Bresciano
Da diversi anni Elisabetta Pozzi lavora intorno ai grandi temi ed archetipi del Mito: Elektra di Hoffmansthal, Medea, Ippolito e Ecuba di Euripide, Elena e Fedra di Ghiannis Ritsos, sono soltanto alcuni dei testi che ha affrontato nel corso della sua carriera.
Tra i personaggi più frequentati in questo lungo dialogo con le radici del teatro occidentale c’è Cassandra, oggetto di numerosi studi e spettacoli di cui questo Cassandra è l’ultima tappa.
L’attrice ha costruito una drammaturgia originale che, partendo dalle tragedie di Eschilo ed Euripide, compie un affascinante percorso intorno alla profetessa troiana cui Apollo ha dato il dono di prevedere il futuro e insieme la condanna di non essere creduta, raccogliendo liberamente suggestioni e riletture da grandi testi ed autori di ogni tempo, da Seneca a Christa Wolf, da Omero a Ghiannis Ritsos fino a Wislawa Szymborska e Pier Paolo Pasolini. In un montaggio serrato ed avvincente emerge un ritratto originale di una delle figure femminili di più profonda tragicità, per l’impotenza e la tremenda solitudine che la connotano nel sostenere il peso della conoscenza.
Dispiegando il suo immenso e magnetico talento, Elisabetta Pozzi porta in scena una figura di strabiliante modernità, in cui convivono forza e fragilità, dando corpo e voce a un personaggio indimenticabile.
La Famiglia Monticelli è una famiglia d’arte che produce e promuove spettacoli di burattini e marionette sin dalla prima metà del XIX secolo. Nel 1979 i fratelli Andrea e Mauro costituirono il Teatro del Drago, che da allora opera nel settore del Teatro di Figura contemporaneo e tradizionale.
Il Teatro del Drago è riconosciuto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dalla Regione Emilia-Romagna, come compagnia di rilevanza nazionale, per la sua attività di produzione e promozione. Tradizione e ricerca convivono nella conservazione del patrimonio storico della Famiglia, oggi raccolto nel Museo “La casa delle Marionette”, aperto al pubblico nel centro storico di Ravenna.
L’attività del Teatro del Drago si svolge su due versanti artistici: quello della tradizione, con gli spettacoli di burattini dell’Emilia Romagna tratti da antichi canovacci di proprietà della Famiglia e con la conservazione dei materiali della Collezione Monticelli e quello della ricerca, attraverso gli spettacoli di teatro di figura contemporaneo, dove si concretizza una personale linea artistica originale sia nell’impiego dei materiali, sia nelle tecniche di animazione.
Fagiolino Asino d’Oro
Evento magico e patafisico di una trasformazione burattinesca
con Fagiolino Asino Burattino
testo di Francesco Niccolini
con Fabio Pignatta, Mauro e Andrea Monticelli
diretto da Renato Bandoli
decorazioni di Michela Bellagamba
scenografia Mauro e Andrea Monticelli con la collaborazione di Arianna Maritan
Fagiolino burattino va a casa della terribile Strega… la maga Saturnina Cicativa.
La maga Saturnina trasforma Fagiolino in Asino.
Fagiolino, trasformato in Asino, chiede aiuto al Mago Ermete Trismegisto, che senza pietà lo manda all’inferno, dove il burattino-asino ruba ai Diavoli un miracoloso antidoto!
Affronta Caronte e Cerbero, “il Cagnolone a tre teste”, e li bastona a dovere.
Poi, finalmente, la dea Venere trasforma nuovamente Fagiolino in burattino.
Lo spettacolo è uno show d’arte varia, sia per l’impianto visivo, che richiama un decadente circo ottocentesco, sia per la struttura “scenica-coreografica” di disorganizzati artisti ambulanti. La comicità semplice e immediata è uno degli elementi che lega i tre differenti generi presenti nello spettacolo: il teatro dei burattini, l’arte antica dei cantastorie, la giocoleria degli artisti di strada.
Lo spettacolo è ispirato a L’Asino d’Oro di Apuleio, ma il protagonista della storia è Fagiolino, l’eroe dei burattini tradizionali dell’Emilia Romagna.
In scena troviamo anche un venditore di pozioni magiche ed unguenti miracolosi chiamato Zambutèn: un vero e proprio ciarlatano che, per vendere i suoi prodotti magici, s’inventa di tutto, compresa la storia di Fagiolino Asino d’Oro. Accanto a Zambutén troviamo il suo povero ed umile servo Brasula, che lo aiuta a vendere le pozioni. Vendere e raccontare sono le specialità di Zambutèn e di Brasùla, che offrono arte, cure e rimedi medicamentosi!
Nel 1978 Luì Angelini e Paola Serafini fondano la compagnia Assondelli & Stecchettoni, che comincia la propria attività utilizzando burattini a guanto di tipo non tradizionale e passa gradualmente, a partire dal 1984, al teatro d’oggetti.
Nel 1995 la Compagnia si fonde con il Centro Teatro di Figura e, nel 1998, mutuando il nome dallo storico festival organizzato dal CTF fin dal 1975, l’ensemble diventa Cooperativa Arrivano dal mare!
Nel 2000 Paola e Luì inventano le Macchine per il teatro incosciente, oggetti che sono contemporaneamente micro spettacoli, giocattoli, mezzi di intrattenimento, unità didattiche, strumenti sperimentali di riflessione drammaturgica.
Nella primavera del 2003 danno vita al progetto La voce delle cose. Accanto agli spettacoli, ai corsi e alle conferenze-gioco, dedicati ai rapporti del teatro di figura con le avanguardie artistiche del Novecento, si sviluppa il modulo dei laboratori brevi in varie declinazioni.
Nel 2015 comincia una nuova fase di collaborazione con altre compagnie – il Teatro Tascabile di Bergamo e la compagnia danese Cantabile 2 di Vordingborg – per la consulenza agli oggetti di scena e la scenografia. Le loro Macchine per il teatro incosciente si trovano in esposizione permanente a Philadelphia e in Brasile.
Fiabe africane
Racconti, per voce e oggetti, di fiabe tradizionali
di e con Paola Serafini
regia Luì Angelini
produzione La voce delle cose
Un viaggio nelle fiabe che i popoli dell’Africa occidentale e meridionale si sono tramandati oralmente per secoli e che poi i ricercatori hanno raccolto e trascritto. Nate in una cultura diversa dalla nostra queste fiabe mantengono intatto il piacere di raccontare, il divertimento nel congegnare intrecci fantasiosi, un umorismo ammiccante e comunicativo.
È un mondo ben contrapposto a quello “razionale”: Topina va dappertutto. Si insinua nelle case dei ricchi e visita perfino i più poveri. Di notte, con i suoi occhietti lustri, spia il nascere delle cose segrete. Nessuna stanza del tesoro è così sicura che lei non sappia scavarsi una strada per vedere che cosa vi sia dentro. Tanto tempo fa, Topina intessé dei bambini-racconto con tutto quello che aveva visto e a ciascuno di loro diede una veste di colore diverso. I racconti diventarono i suoi figli e vissero in casa sua e la servirono perché lei non aveva figli suoi.
La narrazione è resa più coinvolgente dall’uso di oggetti e materiali naturali: manufatti di provenienza africana, sabbia, creta e piccoli strumenti musicali. Voce, oggetti e suoni contribuiscono a creare un’atmosfera magica e divertente allo stesso tempo.
La forma delle storie
di e con Luì Angelini
regia Paola Serafini
produzione La voce delle cose
Uno spettacolo di racconti tratti dalla mitologia, dalle fiabe, dal teatro classico, dalla letteratura colta, da leggende e personaggi che hanno avuto molte interpretazioni nella storia della letteratura.
Dalle origini del Mondo ad Adamo ed Eva, da Cenerentola a Cappuccetto Rosso e Faust. Non ci sono i tre Porcellini e Don Chisciotte perché oggi non potevano, ma potrebbero esserci un’altra volta, la compagnia è numerosa, e sono tanti i personaggi famosi che ne fanno parte.
La forma delle storie è anche una passeggiata fra tubi, specchi, viti, fiammiferi, scatole, cibi, bevande, abiti e attrezzi che abbiamo già incontrato in giro… ma che servivano ad altro.
Lo spettacolo si snoda come un recital, fra ragionamenti ad alta voce, dialoghi celebri, esclamazioni da imbonitore, momenti di intimo raccoglimento, piccoli effetti sonori e visivi, fabbricazione di forme, perché costruire è raccontare e raccontare è creare forme nella mente.
Costruire e raccontare sono le pietre che lastricano il cammino della nostra vita. Il mondo e il cervello sono attraversati da questo sentiero: da un lato stanno gli oggetti che popolano il paesaggio quotidiano, dall’altro le storie che plasmano il nostro immaginario. Lungo il sentiero si incontrano.
La Compagnia nasce nel dicembre del 2009 suggellando un percorso creativo iniziato nel 2005. Salvino Calatabiano dà vita ai burattini, Vito Bartucca parla con loro. Insieme hanno immaginato un mondo e lo hanno creato: il mondo delle possibilità, nel quale cui tutti possono trovare posto, un mondo in cui i burattini parlano agli uomini e gli uomini parlano ai burattini.
Ogni personaggio ha un nome, una storia e un temperamento, ognuno di loro ha pregi e difetti, qualcuno nasconde anche dei segreti, che ci rivelerà quando saremo pronti ad accoglierli. I burattini sono un esercito che difende la fantasia, sono creature schierate al fianco della tenerezza.
Scilla e Cariddi
Spettacolo per burattini e narratore
drammaturgia Salvino Calatabiano
burattini Vito Bartucca
narratore Vito Bartucca
burattinaio Salvino Calatabiano
produzione Teatro degli Spiriti Piccolo Teatro Patafisico
Scilla è una ninfa dolce e soave che vive sulle spiagge della città di Messina. Glauco, creatura marina mezzo uomo e mezzo pesce, si innamora perdutamente di lei. Scilla, però, è impaurita dall’aspetto mostruoso di Glauco. Inizia così una straordinaria avventura fatta di inseguimenti, di mari, di amori e di mostri marini che porterà Scilla a incontrare Cariddi.
Continua il viaggio “burattino” del Teatro degli Spiriti nelle storie della mitologia classica. Quella di Scilla e Cariddi, le due guardiane del mare di Sicilia, ci riguarda da vicino.
La Compagnia nasce nel 1971 sotto la guida di Mimmo Cuticchio. Il recupero delle tecniche tradizionali dei pupi e del cunto, la ricerca e la sperimentazione sono i tre principali linguaggi della sua comunicazione teatrale. La sopravvivenza artistica della Compagnia, che ha saputo rinnovarsi fronteggiando la crisi del teatro dell’Opra, dovuta alla ricerca di un proprio spazio espressivo che valorizza al massimo le tecniche dei pupari e dei contastorie, linguaggi tutt’altro che esauriti o superati, per cercare un teatro contemporaneo di verità e di poesia.
Dal 1977 l’Associazione Figli d’Arte Cuticchio accorpa la Compagnia omonima e, oltre all’attività di produzione, porta avanti anche quella di promozione del teatro di figura e dell’Opera dei pupi. Dal 1984 organizza il festival teatrale La Macchina dei Sogni e dal 1997 una scuola per pupari e cuntisti con l’obiettivo di garantire un futuro al teatro dei pupi e al cunto.
Dal 2007 il mestiere tradizionale di Mimmo Cuticchio (per mestiere s’intende il patrimonio completo di un oprante-puparo) e l’altro mestiere che ha costruito con gli spettacoli di innovazione sono aperti al pubblico in forma di allestimento permanente, che si snoda nei luoghi dove egli lavora, costruisce i pupi e ne rappresenta le storie. La collezione espone le marionette che Cuticchio ha creato per i suoi nuovi copioni, quelli dei pupari ed opranti attivi dalla seconda metà dell’Ottocento ad oggi, ma anche macchine teatrali, pianini a cilindro, cartelloni, fondali, strumenti musicali e sonori. Accanto al teatro e al laboratorio esiste un archivio costantemente arricchito con documenti, canovacci, copioni, libri, foto e video, che nel 2013 il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, su proposta formulata dalla Soprintendenza Archivistica per la Sicilia, ha dichiarato di interesse storico.
Viaggio avventuroso tra storie, miti e leggende
Spettacolo itinerante
ideazione scenica e regia Mimmo Cuticchio
Narratore Mimmo Cuticchio
La custode Simona Malato
Il guardiano Alfonso Veneroso
Presenze di scena
L’uomo delle canne Bruno Leone
Eco Santa Buttaci
Al flauto di canna Riccardo Termini
costumi e allestimento scenografico Tania Giordano
assistente di scena Heidi Mancino
scenotecnica Emanuele Salamanca
produzione Figli d’Arte Cuticchio
Le porte, le logge, i giardini e il colonnato del Museo Archeologico Salinas, nei giorni del festival diventeranno gli spazi scenici del Viaggio avventuroso tra storie, miti e leggende spettacolo itinerante ideato e diretto da Mimmo Cuticchio.
I fili del racconto si intrecceranno con le trame dei miti. Il volo delle piume d’oro degli uccelli accompagnerà il viandante tra i fili della narrazione dell’epica guerra di Troia, che viene tessuta dal telaio regolato sulla pietra di Palermo. La forza, la debolezza, il pianto, l’amore, il dolore, la morte, il duello, l’amicizia, il potere, la spada, l’elmo, la lancia, l’auriga, il sottile velo…
Dalle gesta degli eroi all’orizzonte sconfinato dei personaggi, che chiedono di essere raccontati, rivissuti e rivisitati in nuove possibilità interpretative.
Dalla bella e violata Europa agli dei umili e obbedienti come Enea, dagli scaltri e furbi come Ulisse, re dei naufraghi, all’abile arciere Paride, bramoso di mele d’oro, dallo sguardo agghiacciante di Medusa, un tempo dolce fanciulla indifesa, alla saggezza implacabile di Atena, dalla disperata, amorevole e determinata Demetra al seducente e focoso Giove, dalle madri e sorelle che perdono i propri figli come Andromaca ai guerrieri leali come Ettore. Tutti saranno plasmati e restituiti nel loro amore per l’avventura, il valore e le virtù.
L’ira di Achille
Dall’Iliade di Omero
adattamento scenico e regia Mimmo Cuticchio
con Mimmo e Giacomo Cuticchio e Tania Giordano, Marika Pugliatti, Emanuele Salamanca
musiche Giacomo Cuticchio
flauto traverso Alessandro Lo Giudice
violoncello Paolo Pellegrino
sassofono baritono Nicola Mogavero
percussioni Giulia Lo Giudice
arpa Roberta Casella
scene e costumi Tania Giordano
luci Marcello D’Agostino
Paride, figlio di Priamo, re di Troia, rapisce Elena, moglie di Menelao, re di Sparta. I greci si riuniscono e decidono di dichiarare guerra ai troiani. Comandante in capo viene eletto Agamennone, re di Micene e fratello di Menelao. Tra i guerrieri ci sono i valorosi Ulisse, Aiace Oileo, Aiace Telamone, Antiloco, Diomede, Menelao, Nestore, Patroclo, Achille e l’indovino Calcante.
Le navi greche approdano sui lidi di Troia, lungo tutta la costa. Il re Priamo riunisce i suoi numerosi figli e i suoi alleati e affida il comando della difesa della città al primogenito Ettore.
L’assedio di Troia dura nove anni. I greci, quantunque numerosi, non riescono ad avvicinarsi alle alte mura della città. Al decimo anno, Crise, sacerdote di Apollo, si presenta da Agamennone per riscattare la figlia Criseide, che era stata assegnata al re di Micene durante la spartizione di un bottino.
Ma Agamennone rifiuta e lo allontana brutalmente. Il sacerdote Crise prega dunque il dio Apollo di punire l’arroganza dei greci e così Apollo scaglia le frecce della peste sul campo acheo: per 9 giorni muoiono armenti e uomini. Al decimo giorno, Achille chiede di riunire il consiglio.
L’ira di Achille è una messa in scena con i pupi pensata non per il piccolo boccascena ma per il grande palcoscenico. L’azione si svolge su tre piani scenici: gli uomini/pupi, i sacerdoti/pupari e gli dei/attori.
Giacomo Cuticchio ha scritto appositamente la suite musicale per lo spettacolo, ideato, montato e diretto dal padre Mimmo. L’epica si fonde con il contemporaneo in una messa in scena che vede in azione nuovi pupi creati sulle figure dei greci e dei troiani, nel rispetto di quei canoni tradizionali che la Famiglia d’arte si tramanda di generazione in generazione. Analogamente, strumenti antichi e moderni vengono armonizzati nella colonna sonora che accompagna, in una progressione dialettica, i fatti rappresentati, seguendone i ritmi di improvvisazione tipici del teatro dei pupi.
Medusa
Tragedia in musica
Proiezione sul grande schermo dello spettacolo andato in scena nel 2019 a Palazzo D’Aumale in occasione della 36esima edizione del festival La Macchina dei Sogni.
regia Mimmo Cuticchio
musica Giacomo Cuticchio
libretto Luca Ferracane
opranti Mimmo e Giacomo Cuticchio
aiutanti di palcoscenico Tania Giordano e Giuseppe Airò
costumi Tania Giordano
Personaggi e interpreti
Medusa (soprano) Federica Faldetta
Gran Sacerdotessa, Anfitrite, Atena (soprano) Corinna Cascino
Poseidone (baritono) Francesco Vultaggio
Sacerdotesse – Nereidi (coro di donne)
Maria Elisabetta Trupiano, Rosalba Aurora Ducato, Carmela Caponetto, Federica Giglio, Sonia Sala, Giorgia Gabriele, Chiara Geraci, Aurora Bruno
Tritoni (coro di uomini)
Davide Vitale, Chang Hui Han, Emanuele Tidei, Andrea Albeggiani, Fabrizio Sebastien Jacquin, Alessandro Patti, Fabrizio Musumeci
direttore d’orchestra Salvatore Barberi
flauto traverso Alessandro Lo Giudice
sassofono soprano Nicola Mogavero
fagotto Filippo Barracato
clarinetto basso Francesco Maranto
1a tromba in do Sergio Caltagirone
2a tromba in do Calogero Lupo
trombone Fabio Piro
tuba Davide Leone
percussioni gran cassa, tam tam, triangolo, piatti, rullante Giulia Lo Giudice
pianoforte Giusy Cascio
clavicembalo Licia Tani
violini primi Marco Badami, Francesco Lamanna, Alessia La Rocca, Virginia Gurrera, Gioel Caronna, Giuseppe Di Chiara
violini secondi Francesco Nardella, Davide Rizzuto, Michele Savarino, Filippo Mercanti, Salvatore Passantino
viole Massimo Cantone, Antonio Buono, Adelaide Filippone, Valerio Vassalo
violoncelli Paolo Pellegrino, Giuseppe D’Amato, Arianna Ciancimino
contrabbassi Walter Roccaro, Dario Ammirata
La vicenda narrata è uno dei miti più terribili e controversi, quello di Medusa, detta la terza Gorgone, nota per la capigliatura di serpenti, per lo sguardo che impietriva e per l’astuta, violenta vittoria che su di lei riportò Perseo.
La sua storia, come molti miti, è nutrita da fonti diverse e a volte contradditorie. Ovidio la descrive come una bella fanciulla mortale dalla fluente capigliatura, della quale si invaghisce il dio Poseidone, che la possiede nel tempio di Atena. La dea, per vendicarsi del sacrilegio, trasforma quei bei morbidi neri capelli in serpenti. Più recentemente, Robert Graves la descrive come una fanciulla disposta a giacere con Poseidone.
Nihil sub sole novum, la prevaricazione degli uomini sulle donne, in effetti, ha origini assai lontane. Il mito, fonte inesauribile di verità, ancora una volta racconta storie attuali, di cui purtroppo leggiamo quotidianamente nelle cronache dei notiziari, e tuttavia lontane da noi poiché localizzate in uno spazio-tempo non identificato.
I Figli d’Arte Cuticchio hanno rappresentato Medusa unendo la forza espressiva dei pupi alla potenza evocativa della musica di Giacomo Cuticchio. L’azione non si svolge tra le quinte del teatrino, l’oprante muove le sue creature a vista e non pronuncia parola: il testo è solo cantato; la musica e l’azione dei pupi viaggiano parallelamente ma non c’è nulla di didascalico.
Mythos, il racconto infinito.
La mitologia classica è una rete che intreccia fra loro una molteplicità di racconti che (instancabilmente) si richiamano l’uno con l’altro. Nel corso del tempo questa rete è stata calata infinite volte nel mare della cultura, antica e moderna. E percorrendo questo mare, strascicando sul suo fondo, la rete del mito ha raccolto nomi, fatti, regole, atteggiamenti, modi di vedere il mondo, li ha trattenuti dentro di sé, dentro le meravigliose maglie delle sue narrazioni.
Nel sodalizio che da diversi anni mi lega alla famiglia artistica e di sangue di Mimmo Cuticchio, da Selinunte alla collina di Ibañeta a Roncisvalle, questa 37a edizione de La macchina dei Sogni rappresenta una tappa fondamentale, anzi un importante punto di arrivo. Ciò che da angolazioni diverse intendiamo entrambi per cultura –vivere le radici identitarie come tensione costante tra memoria della tradizione e contemporaneità, dominare solidamente il mestiere per innovarlo- trova adesso in questa macchina scenica appositamente concepita per il Salinas il terreno direi ideale di sperimentazione.
L’archeologia è infatti, a tutto tondo, disciplina antropologica per eccellenza, e ricostituire attraverso la narrazione dal vivo la trama delle vicende proposte dalle “immagini” raccolte nel museo, dalle metope selinuntine al caleidoscopio di iconografie documentate dalle arti minori, esse stesse sémata/segni di una storia che è difficile decifrare e far comprendere fino in fondo, significa restituire alle opere d’arte e agli oggetti, testimoni muti della quotidianità dei popoli che in un tempo ormai lontanissimo vissero nel Mediterraneo antico, quel “rumore” di fondo che per Jean-Pierre Vernant richiamava la phèmè di Platone, il “Rumore” della conversazione e dell’incontro tra i cittadini della polis, e perciò l’essenza del carattere orale di quelle culture. Il mythos del resto altro non è che “parola”, “racconto”, veicolo anonimo e molteplice di storie che fornivano una chiave di lettura ed un’interpretazione del mondo circostante, dalle quali sono nate la cultura greca e la nostra del mondo occidentale. Storie continuamente ripetute e tramandate attraverso le opere degli autori classici (poeti, tragici, storici: pure la storiografia antica pullula di racconti mitici), dei quali sono rimasti soltanto -soltanto!- i testi scritti: “I nostri miti non ci giungono vivi attraverso le parole continuamente riprese e modificate dal Rumore”. Ridare fisicamente voce al racconto del mito significa perciò ritrovare il simulacro della voce dell’uomo antico, sentirne il suono e il fiato su di sé.
Un’altra ragione per guardare con curiosità all’approccio peculiare con cui Cuticchio si è immerso nel nostro museo riguarda poi molto da vicino il rapporto tra patrimonio artistico e patrimonio immateriale, non solo perché la Sicilia è terra ricchissima di ambedue le forme di testimonianze culturali per le quali giustamente abbondano i riconoscimenti dell’Unesco, ma perché il senso profondo di questa avventura, che per cinque giorni renderà il Salinas un palazzo incantato nelle cui tante “stanze”, come nella favolosa reggia di Priamo, aleggeranno i fantasmi delle storie degli dei e degli eroi dell’antichità -da Europa ad Atena, da Era ad Afrodite, da Artemide a Cassandra, da Ade ad Apollo, da Persephone a Medusa- consiste nella relazione privilegiata tra immagine, racconto/cuntu, teatro, il teatro di figura che ne sarà qui protagonista e non solo quello.
Questo è un nodo essenziale dell’esperienza che vivremo, il fatto che dentro un museo archeologico per la prima volta si consumerà sotto gli occhi del pubblico un’azione scenica che coinvolge allo stesso tempo narratore, opera, visitatore: non semplice turista ma viaggiatore, in questo caso viaggiatore nel tempo oltre che nello spazio.
Il teatro infatti -e ancora oggi per tutti noi il teatro è questo- non è solo una espressione dell’arte ma dà forma sociale ai valori, le contrapposizioni, i contrasti che animano e definiscono una comunità civica. È perciò bene ricordare, ed è necessario farlo qui perché siamo in un museo che parla di archeologia e storia antica, che nella Grecia classica “la tragedia nasce quando si comincia a guardare il mito con l’occhio del cittadino”, quando la polis e in essa l’agorà diventano i luoghi della discussione e della progressiva emancipazione dal racconto mitico alla filosofia, che dunque “è figlia della città” e della storia. Sappiamo inoltre che le rappresentazioni nel teatro antico erano realizzate attraverso l’uso di maschere, la cui funzione sottende una complessa concezione dell’individualità del personaggio molto lontana dalla nostra sensibilità di uomini moderni, ma che qui ci interessa richiamare all’attenzione solo perché in questa forma di ritualità collettiva del dramma antico si ritrova uno dei fili ai quali si riallaccia il teatro di figura, che ha oggi in Cuticchio uno dei suoi riconosciuti massimi rappresentanti. Ed è anche da tale solo apparentemente casuale circolarità di nessi, è dalla frequentazione comune di territori limitrofi nel campo smisurato e coinvolgente della storia della cultura, che nasce oggi questa particolare realizzazione de La Macchina dei Sogni.
Un’edizione che abbiamo fortemente voluto in quest’anno drammatico e disorientante, che con l’emergenza Covid-19 ci ha messo dinanzi a tutte le paure e le solitudini alle quali si è trovata improvvisamente esposta l’erronea presunzione di onnipotenza di cui si è finora nutrita la nostra contemporaneità. Una determinazione che l’Assessore Alberto Samonà, che qui teniamo pubblicamente a ringraziare, ha immediatamente condiviso e appoggiato, sposando coraggiosamente l’idea atipica di fare non degli spazi collaterali solitamente dedicati ad eventi e manifestazioni culturali , ma piuttosto delle sale tradizionali di un museo, con tutte le opere esposte protagoniste anch’esse al pari degli attori, il centro narrativo e il luogo teatrale dell’azione, che si dipana attraverso i racconti ideati da Cuticchio e la sua personalissima interpretazione del ruolo e delle potenzialità espressive dell’”opera dei pupi”, chiamata ora a dare vita agli eroi omerici. Una continua mescolanza di temi, di forme culturali, di generi, che ambisce a proporre una declinazione originale e plurale “dell’identità siciliana”.
Ma adesso si comincia, ed “è il tempo degli dei che spunta sulla scena e si mostra nel tempo degli uomini”.
Dobbiamo solo saper vedere, e sapere ascoltare.
* Tutte le citazioni sono tratte da: J.-P. Vernant, Mito e pensiero presso i Greci, Torino 1978; J.-P.Vernant-P. Vidal-Naquet, Mito e tragedia nell’antica Grecia, Torino 1976;J.-P-Vernant, Le origini del pensiero greco, Milano 2007
Caterina Greco
Direttrice del Museo Archeologico Regionale Antonino Salinas
Quasi un racconto
di Mimmo Cuticchio
Alla ricerca del tempo perduto
Alla fine dello scorso febbraio, sul ghiacciaio di Presena, nell’enorme igloo realizzato per l’Ice Music Festival, raccontai la morte del paladino Orlando utilizzando alcuni pupi di ghiaccio. Al termine dello spettacolo annunciai al pubblico che la spada, il corno e il cavallo di Orlando, realizzati appositamente in quel teatro unico al mondo, li avrei ibernati su quel monte, a 2600 metri di altezza, nella speranza che un giorno del prossimo millennio venissero ritrovati così come accadde per Ötzi, l’uomo del Similaun.
Mai avrei immaginato che, a poche ore da quella magnifica esperienza, avvenuta in quel luogo paradisiaco, sarei stato catapultato nell’inferno e nell’angoscia che, come una valanga, stava precipitando sull’Italia e sul mondo intero. Giunto a Trento per proseguire la tournée venni informato da Elisa, mia moglie, che uno dopo l’altro, si andavano annullando gli spettacoli in programma: Torino, Bergamo, Bologna, Roma, Napoli. A stento riuscii a prendere un treno che mi avrebbe portato a Napoli per imbacarmi sul traghetto e tornare a casa.
La sera del 9 marzo il primo ministro Giuseppe Conte annunciava agli italiani che, a meno dei servizi essenziali, il Paese chiudeva, si fermava. Il giorno dopo, l’Organizzazione mondiale della sanità comunicava che si trattava di una pandemia, la prima di così vaste proporzioni dai tempi della Spagnola.
In questa chiusura forzata, che ci ha tenuti lontani dalla vita sociale, dal lavoro, dagli affetti, io ed Elisa abbiamo deciso di spalancare la finestra che dal nostro appartamento si affaccia sul piano sottostante dove, circondato da centinaia di pupi schierati, c’è il mio studio con i suoi scaffali che custodiscono l’archivio cartaceo, i video, le fotografie di decenni di attività, un archivio costantemente aggiornato e in fase di digitalizzazione. Aprire quella finestra ha avuto per noi un significato simbolico in quei tristi giorni di confinamento.
Controllare le carpette con i materiali accuratamente ordinati, ripercorrere gli spettacoli realizzati le interviste, i documenti filmati di rassegne e festival, sistemare la cronologia degli articoli, collocare le numerose pubblicazioni, catalogare gli incontri, i convegni, le mostre… ha significato srotolare un vissuto, mai interrotto, di oltre 50 anni di attività teatrale. Sono affiorate emozioni, sono ricomparsi affetti, sono riemersi gli innumerevoli viaggi e i pericolosi imprevisti che solo la gioventù, miracolosamente, riesce a superare. Un lavoro meticoloso attraverso il quale ci si accorge delle trasformazioni epocali, di quello che siamo stati e di ciò che si è costruito, nel bene e nel male.
Le strade deserte e un silenzio surreale accompagnavano le nostre giornate scandite solo dai notiziari e dalle opinioni di medici, ricercatori e scienziati di tutto il mondo diventati i “nuovi Dei”, pronti a governare sulla vita e sulla morte degli esseri umani. In tv guardavamo solo piazze piene di vuoto e di silenzio, mentre la nostra santa protettrice Rosalia guadagnò le preghiere di politici e devoti affinché intercedesse presso il Creatore per debellare l’epidemia, come aveva fatto con la peste del ’600, persino il Santo Padre, “contravvenendo” alle regole imposte dal governo nazionale, uscì da San Pietro per chiedere aiuto a San Marcellino, che altre volte aveva operato qualche miracolo.
I miei pupi cominciano a parlare tra loro
Intanto la nostra casa era diventata un labirinto di carte poggiate ovunque. In mancanza di adeguati contenitori utilizzammo persino le scatole delle scarpe.
Una notte, abituato ormai al silenzio assoluto, uno strano mormorio mi fece svegliare. Tentai di capire da dove arrivasse e capii che giungeva dalla scala. Con una lampadina tascabile raggiunsi l’ufficio al piano di sotto e, dirigendola verso l’alto, illuminai l’insieme dei pupi più antichi che teniamo appesi sui profilati di ferro murati alle pareti. Avevano, come sempre, gli occhi aperti. Il mormorio, che arrivava dal piano terra, non cessava. Scesi ancora le scale, aprii la porticina che collega scala e laboratorio e udii in maniera netta la voce di Orlando che parlava con l’arcivescovo Turpino e l’imperatore Carlo Magno. Gli diceva che i paladini avevano sempre combattuto contro i giganti ladroni e i feroci saraceni pur di difendere gli oppressi e i più deboli e che adesso era arrivato il momento di combattere contro questo brutto male che stava affliggendo l’intera umanità. Il grido di “mongioia” unì i paladini presenti. Astolfo, come sempre, si dichiarò il primo pronto a partire, seguirono Rinaldo, Salardo, Riccardo, Ricciardetto, Bradamante, Oliviero, Uggero, Brandimarte… Anche i pupi di farsa, intervenendo, raccontarono del disagio e delle difficoltà che avevano udito dalle voci dei palermitani, molti dei quali, a causa del lockdown, avevano perso il lavoro e i bambini chiusi in casa soffrivano per aver dovuto cambiare improvvisamente le loro abitudini. Insomma, i miei pupi erano in subbuglio. Cercai in qualche modo di rassicurarli, dicendo loro che in passato c’erano stati altri momenti difficili, e che avremmo superato anche questo, poi li lasciai, non prima di promettergli che avrei fatto qualcosa, soprattutto per i più piccoli.
Effettivamente, già da qualche giorno ero stato sollecitato da alcuni spettatori affezionati a presentare qualcosa attraverso la rete Internet, in quel periodo unico collegamento con il mondo esterno. Così decisi di interrompere il lavoro di archivio e di dedicarmi ai bambini. Da molti anni la storia del paladino Orlando, che da bambino compie le imprese più mirabolanti nonostante la dolorosa lontananza dal padre Milone e dagli agi della corte, è un pezzo di storia che rappresentiamo per i bimbi, così, approfittando della simpatia che il personaggio riesce a suscitare e della imminente festività pasquale, chiesi ad Elisa di riprendere con lo smartphone il pupo Orlando bambino che augura a tutti i suoi coetanei e alle loro famiglie la buona Pasqua, ormai prossima, invitandoli a scrivere o a mandare dei disegni in modo da mantenere il contatto con il teatro dei pupi almeno attraverso la rete. L’esperienza fu ripetuta qualche settimana dopo, con grande successo di “naviganti”. Questa volta, però, Orlandino presentava una figura che chiamai Igienico, perché l’avevo realizzata con materiali di riciclo: tappi, bottoni, nastri e rotoli di carta igienica.
Intanto i giorni, le settimane, i mesi passavano e, come da programma, il nostro Festival avrebbe dovuto svolgersi per la fine di luglio. Ogni giorno speravamo che il contagio diminuisse, e che le decine di morti tristemente annunciate dai notiziari, diventassero solo dolorosi ricordi. Il Festival doveva svolgersi all’interno dei ruderi e del fossato del Castello a Mare di Palermo, una fortificazione risalente a IX secolo che ha avuto un ruolo importantissimo soprattutto durante il Risorgimento e che la Soprintendenza dei Beni Culturali, da alcuni anni ha recuperato insieme al perimetro totale dell’intera fortezza. La nostra intenzione era quella di mantenere sia le date sia i contenuti, ma ad un certo punto ci siamo resi conto che non si poteva realizzare. Nonostante il progetto fosse stato pensato nei particolari, a metà maggio ci siamo resi conto che anche se si fosse tornati alla normalità non ci sarebbe stato il tempo di lavorare agli allestimenti. Chi ci conosce sa che La Macchina dei Sogni sceglie ogni anno un tema e uno spazio e vi crea attorno una “sceneggiatura totale”, una sorta di drammaturgia dei luoghi in cui gli spazi vengono arredati in sintonia col tema prescelto, diventando lo scenario entro cui si muovono tutti gli elementi del progetto.
Come siamo giunti al Museo A. Salinas
Per un po’ abbiamo creduto che l’edizione 2020 sarebbe saltata, invece, parlando con Caterina Greco, appassionata direttrice del Museo Archeologico A. Salinas, da cui dipendono altri siti compreso il Castello a Mare, abbiamo capito che il Festival avrebbe dovuto modificare il progetto ma che la possibilità di realizzare la manifestazione era ancora possibile.
Il primo incontro con la direttrice e le prime occasioni di collaborazione risalgono a molti anni addietro. Ricordiamo la felice edizione del Festival nel 2013 ambientata attorno al Tempio Era di Selinunte, quando Caterina Greco era Sovrintendente dell’omonimo Parco Archeologico e ancora il suo contributo nell’edizione 2018 quando, come direttrice del Centro Regionale del Catalogo, partecipò insieme ad altri colleghi e al compianto Sebastiano Tusa, allora Assessore Regionale ai Beni Culturali, ad una esperienza più unica che rara, rimasta nel cuore e nella mente di chi vi ha partecipato. Dunque, dopo aver fatto diversi sopralluoghi e aver preso atto dei provvedimenti adottati dal Governo centrale e quello locale abbiamo ripreso a lavorare con rinnovato entusiasmo all’edizione attuale, per “recuperare il tempo perduto”, incoraggiati certamente dalla direttrice ma confortati anche dal sostegno della Regione nella persona di Alberto Samonà, attuale Assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, che ha condiviso immediatamente il progetto.
Il Museo Archeologico Regionale è forse la più importante istituzione pubblica museale dell’Isola. Ogni sala, ogni angolo, ogni statua, ogni reperto illustrano la meravigliosa storia della civiltà siciliana dalla preistoria all’età contemporanea. Il museo è uno scrigno di valore artistico-culturale inestimabile, un tesoro che a mi ha portato a pensare al “palazzo delle cento stanze di Priamo”, non a caso sottotitolo del festival. Questa istituzione mi è cara da sempre. Negli anni Ottanta, con il mio amico e architetto Manlio Condello, era una tappa obbligata dei percorsi guidati che, in tempi non sospetti, organizzavamo per i palermitani e soprattutto per gli abitanti del quartiere Olivella, all’epoca ancora popolato dalla gente semplice dei vicoli, che noi coinvolgevamo nelle nostre iniziative culturali. Sono sempre stato convinto, infatti, che solo conoscendo il proprio patrimonio lo si può difendere dall’incuria e dalla barbarie. E la gente dei vicoli me ne ha dato testimonianza molteplici volte. Durante i nostri sopraluoghi per stabilire come ambientarvi il Festival, ovunque guardassi notavo pietre vive, in movimento. Ogni reperto, ogni scultura mi ricordava un racconto e da subito ho immaginato un percorso scandito da uccelli migratori, che hanno una straordinaria capacita di orientarsi seguendo rotte sicure attraverso continenti e oceani, alcuni possiedono persino una “memoria collettiva” e imparano la rotta del viaggio dai loro genitori o dai più esperti dello stormo, senza dimenticare che gli uccelli sono simbolo di estrema libertà. Ancora una volta il mio pensiero corre alle radici e le ali, il passato e il futuro, la tradizione e la sperimentazione.
I miti di cui ci occuperemo si tramutano, dunque, in una miniera di storie spesso legate ai comportamenti della nostra società. Parleremo di dei ma anche di uomini. Di ciascuno conosceremo pregi e difetti, all’interno di un viaggio poetico in cui gli attori si sdoppieranno. Infine ci sarò anch’io. Sarò forse un aedo? Sarò Omero? Lasciamo perdere. Sono già sette le città greche a contendersi la sua nascita… buon viaggio.
Obiettivi, sogni, desideri e ricordi
Elisa Puleo
L’obiettivo che ci siamo sempre posti nel progettare le diverse edizioni de La Macchina dei Sogni è stato quello di mantenere fede ai principi che ci hanno ispirati sin dall’inizio, ovvero definire un luogo in cui si stabilisce la centralità della relazione con il pubblico, un luogo dell’immaginazione partecipativa, al di fuori degli schemi legati alle mode del momento.
La 37esima edizione del Festival, pensato durante il lockdown, quando progetti, sogni, desideri, ricordi, visioni fremevano in ciascuno di noi, non potrà avere però la folta partecipazione delle edizioni passate, nelle quali i luoghi del Festival si inondavano di intere famiglie e gli spettacoli serali si riempivano di una moltitudine di giovani. In questa edizione gli ingressi saranno rigorosamente regolati e gli spettatori necessariamente distanziati a tutela della salute di tutti.
Uno spettacolo, un concerto, una mostra sono esperienze di condivisione, nascono per stare insieme, ma pur con i limiti imposti dall’emergenza sanitaria, il teatro non si può fermare, perché l’esigenza di condividere la bellezza, l’arte e le storie è una necessità primaria, che proprio in questo momento ci aiuta a immaginare un futuro migliore e più sereno.
Sentiamo forte la responsabilità di mantenere in vita La Macchina dei Sogni e il Teatro dei pupi con le sue infinite storie. Per questo ci saremo nonostante tutto, negli spazi del Museo Archeologico Regionale A. Salinas ma anche in rete. Il web ci permetterà quest’anno di raggiungere un pubblico molto più vasto, idealmente infinito, per condividere con tutti, ancora una volta, la dimensione immaginifica del teatro, le sue storie e le sue emozioni.
La Memoria dei Sogni
Fai il viaggio virtuale nelle 37 edizioni de La Macchina dei Sogni (1984-2019), nel Teatro Opera dei Pupi e nel Laboratorio Teatrale dell’Associazione Figli DArte Cuticchio.