Il laboratorio

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Nel Teatro dei pupi il laboratorio è un locale attrezzato, indispensabile alla costruzione dei pupi, alla pittura dei fondali, dei cartelloni, di tutta la componente iconografica e
dei costumi.

Sia per i pupi, sia per le pitture, la tecnica di realizzazione è rimasta identica a quella usata dai primi artigiani: scultori, intagliatori, sarti, pittori, sbalzatori di metallo.
Il ruolo svolto da queste maestranze rimane decisivo per definire il territorio culturale dell’Opera dei pupi, che dal repertorio delle vastasate del ’700, con i pupi di farsa, confluisce nell’Opra della tradizione epico-cavalleresca dell’ ’800 giunta fino a noi.

Nel lavoro di gruppo ognuno ha un suo ruolo e una sua specificità. Nella nostra Compagnia la realizzazione dei pupi è prerogativa di Mimmo e Nino Cuticchio, depositari delle tecniche tradizionali, mentre la pittura dei fondali e dei cartelloni e l’esecuzione dei costumi compete a Tania Giordano, che dopo i suoi studi all’Accademia di belle arti di Palermo, nel 1997 ha frequentato il primo Corso triennale della “Scuola per pupari e cuntisti” creata da Mimmo Cuticchio, dove ha conosciuto il mondo dell’Opra ed ha appreso i “segreti” del mestiere.

La lavorazione del pupo è rimasta inalterata dalla prima metà dell’Ottocento. I corpi e le teste vengono intagliati nel legno (faggio e abete per i corpi, cipresso per le teste). Il corpo del pupo, chiamato ossatura, è formato da nove pezzi (busto, cosce, gambe, piedi, mani o pugno e mano). Per la loro realizzazione il puparo utilizza modelli che si tramandano da generazioni e che man mano va perfezionando seguendo un proprio stile. Lo stesso vale per la realizzazione delle armature, che si costruiscono a partire da alcuni modelli. Su una lastra di metallo (ottone, alpacca) vengono disegnati tutti i pezzi e poi ritagliati.

Nella preparazione dei pupi destinati alla funzione di protagonisti, accanto all’espressività dei volti, è importante la tecnica ornamentale delle armature. Entrambe fanno riferimento a precisi canoni prestabiliti, che si utilizzano per individuare i personaggi.

Ogni parte dell’armatura viene sbalzata e lavorata con particolari martelli (a palla o mazzuoli di legno), poi solcata da specifici arnesi (pinna di martello), arabescata con peculiari insegne e finalmente assemblata mediante l’uso di fil di ferro, mentre alcune parti sono saldate con lo stagno. Le donne guerriere si riconoscono dallo sbalzo del seno nell’armatura e dalle ciocche dei capelli che, una volta montato il pupo, fuoriescono dall’elmo.