CRONISTORIA dal 1984 al 2007

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8 – 23 dicembre
L’Opera dei Pupi patrimonio immateriale

Nella sua ventiquattresima edizione, “La Macchina dei Sogni” rende omaggio, ancora una volta, al Teatro dei Pupi, dedicando quasi integralmente il proprio programma all’Opra, soprattutto in considerazione del riconoscimento dell’Unesco, che l’ha inclusa nel “Patrimonio immateriale dell’Umanità”. Dopo sette anni dal riconoscimento, l’iniziativa dell’Unesco viene adesso ratificata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Cosa è accaduto dalla prima edizione ad oggi? Quali le trasformazioni, quali le differenze e le analogie con il teatro della tradizione? E cosa intende (di)mostrare la “Macchina” di oggi? A queste ed altre domande, attraverso gli spettacoli e le altre iniziative, il Festival tenta di dare una risposta, seguendo la linea artistica e progettuale che anima l’arte di Mimmo Cuticchio e dei suoi “figli d’arte”, la sua traccia materiale fatta di pupi, opranti, manianti e combattenti, ma anche quella immateriale, che si nutre della tradizione orale, di una memoria da amare e rispettare, da possedere e guidare quanto la necessità di sperimentare per costruirne una nuova, in modo che l’una sia arricchimento per l’altra.

Il Festival comincia l’8 dicembre con una importante e singolare mostra di pupi costruiti da pupari, opranti e amatori dalla seconda metà dell’Ottocento ai giorni nostri. Il calendario degli spettacoli è fitto; analogamente alla prima edizione del Festival, è un “album di famiglia” in cui vengono mostrati, oltre agli spettacoli realizzati da Mimmo e dal fratello Nino Cuticchio, anche quelli dei componenti della nuova generazione dei Figli d’arte: Giacomo Cuticchio, Filippo e Fulvio Verna Cuticchio. La loro presenza al Festival è una meritata conquista perché, sebbene figli e nipoti, al pari di altri allievi, abbiano frequentato la “Scuola per pupari e cuntisti” fondata da Mimmo nel 1997, seguendo le tappe del consueto apprendistato, oggi cominciano un proprio viaggio.

Accanto alle rappresentazioni dei giovani pupari, ci sono gli spettacoli di altre due allieve della Scuola, che coniugano le storie del Teatro dei pupi con la narrazione e il teatro dei burattini: Flavia D’Aiello, burattinaia salernitana, e Linda di Giacomo, attrice e burattinaia di Verona.

8 – 20 agosto
La donna nel teatro

Dedicato alla donna nel teatro, il festival si svolge ancora una volta a Polizzi Generosa dall’8 al 20 agosto. Tutti gli spettacoli della rassegna sono scritti, diretti o interpretati da donne o trattano temi legati all’universo femminile. Dalle figure idealizzate arrivate a noi oralmente o attraverso la letteratura, fino alle dolenti eroine e alle martiri senza nome dei nostri giorni, che assurgono a emblema di una civiltà in declino. Angelica, Lucrezia Borgia, Tina Merlin, Emily Dickinson, Virginia Woolf, Giovanna d’Arco, Mata Hari, principesse e streghe delle fiabe, tutte insieme, fianco a fianco in un immaginario firmamento femminile in cui si sono messi in evidenza anche temi d’impegno civile.

Tutte le manifestazioni sono dedicate idealmente ad una donna singolare: Pina Patti Cuticchio, una donna che è riuscita a conquistarsi un ruolo autorevole nel dominio maschile del Teatro dei Pupi, seguendo per oltre sessant’anni l’attività della famiglia, prima al fianco del marito Giacomo – dipingendo scene, cartelloni, fondali e provvedendo alla conduzione della famiglia-teatro – e poi lavorando con il figlio Mimmo nell’allestimento di nuovi spettacoli, dipingendo scene e realizzando i costumi.

Diciannove gli spettacoli realizzati da altrettante compagnie, provenienti da tutta Italia, dalla Svizzera e dall’Austria. Nella serata dedicata ai “racconti dei luoghi”, realizzata per il secondo anno consecutivo, si ricorda Vincent Schiavelli, indimenticabile protagonista l’anno precedente de Il risveglio di Don Chisciotte e cittadino onorario di Polizzi Generosa, alla quale aveva dedicato sogni, affetto, simpatia, venuto a mancare qualche mese prima del festival.

8 – 21 agosto
Le trame di Don Chisciotte

Per il secondo anno consecutivo “La Macchina dei Sogni” torna a Polizzi Generosa, nelle piazze, nei cortili, nelle strade, per rendere omaggio al Don Chisciotte di Cervantes nel quarto centenario della pubblicazione del primo dei due volumi. In questa ricorrenza si vuole ricordare il ruolo emblematico che l’opera di Cervantes ha avuto come spartiacque tra due epoche, situandosi a cavallo tra un Medioevo ormai al crepuscolo e l’alba del mondo moderno. Il romanzo di Cervantes è il comune denominatore degli incontri, degli spettacoli, dei laboratori, delle installazioni, dell’animazione e di tutte le altre iniziative della ventiduesima edizione del festival ideato e diretto da Mimmo Cuticchio. Undici le compagnie presenti al festival con propri lavori su Don Chisciotte e con poetiche e tecniche rappresentative diverse. Spettacoli da strada, spettacoli di pura narrazione, di figura, di ombre, cunto intrecciato alla musica, sono dislocati in tutto il paese che diventa, seppure per pochi giorni, un unico grande palcoscenico.

In particolare si ricorda Il risveglio di Don Chisciotte, che più che uno spettacolo è un evento irripetibile. Distribuito in tre serate e in diversi spazi del paese, lo spettacolo itinerante esalta la dimensione fantastica e teatrale dell’opera di Cervantes, suggerendone una lettura stratificata e attualissima e coinvolge, oltre ad un folto numero di narratori, anche l’attore cinematografico Vincent Schiavelli nel ruolo di don Chisciotte.

15 – 31 luglio
I Sentieri dei narratori

Dal 15 al 31 luglio 2004 il Festival chiama a raccolta artisti, studiosi, ricercatori per disegnare la nuova mappa delle narrazioni, in uno scenario che si estende da Oriente a Occidente e si sviluppa tra passato e futuro. Mostre, installazioni, laboratori, giochi, spettacoli e un convegno danno un contributo concreto alla riflessione sulle diverse espressioni della narrazione nel teatro e nelle forme artistiche ad essa collegate.

Nonostante le innumerevoli trasformazioni che nei secoli le arti sceniche hanno affrontato, subendole o producendole, l’esigenza dell’uomo di raccontare non è mai venuta meno. Il narratore incarna questa esigenza, il suo corpo è lo strumento per la trasmissione dei valori fondanti dell’individuo da una civiltà all’altra. Per questo motivo, si potrebbe dire che il narratore è un autentico “patrimonio vivente” e come tale andrebbe salvaguardato e incoraggiato.

La manifestazione, partendo da queste premesse, promuove un dibattito sulla narrazione, intrecciando culture, linguaggi e percorsi diversi: dalla narrazione orale a quella letteraria, dalle tradizioni popolari alla comunicazione odierna.

Parallelamente agli spettacoli, che vedono la partecipazione di artisti internazionali, ci sono due laboratori, uno rivolto ai più giovani, l’altro ad attori professionisti, e un convegno al quale prendono parte autorevoli studiosi, ricercatori e maestri di teatro.
Punto di partenza, dal quale si sviluppano le riflessioni e gli approfondimenti, è il cunto della tradizione siciliana. Riflettendo sulle trasformazioni che nel tempo il cunto ha acquisito, Cuticchio propone e anima una grande officina sulla narrazione, mettendo a confronto le nuove generazioni di artisti con alcuni tra i maggiori maestri e studiosi italiani, europei e asiatici.

La manifestazione si conclude, simbolicamente, con La notte dei racconti, un evento rituale che coinvolge tutti gli artisti e il pubblico in un percorso ideale tra i sentieri, lungo il Parco delle Madonie.

1 – 10 agosto
Sulla rotta di Moby Dick

Il festival riparte dal mare e da Palazzo d’Aumale, sede del Museo Regionale di Storia Naturale e Mostra Permanente del Carretto Siciliano di Terrasini (PA), che della manifestazione è protagonista assoluto. L’approdo a Palazzo d’Aumale coincide con i propositi per i quali il festival è nato. Durante il suo viaggio, quando è stato possibile, abbiamo cercato di dialogare con il patrimonio artistico perché nel suo interno c’è una parte insostituibile della nostra crescita umana e civile.

E proprio per questo, l’inizio delle manifestazioni avviene con un percorso guidato dal titolo Sulla trotta di Moby Dick, costruito in modo non tradizionale e diretto alla conoscenza della collezione del museo attraverso i canti e la narrazione, con l’intento di svelare l’anima viva dello stesso museo, troppo spesso considerato nell’immobile ruolo di semplice contenitore di opere d’arte.

Il percorso si snoda attraverso le sale; la visita è integrata con interventi spettacolari nel corso dei quali sono presenti musiche, brani letterari, poesie, filmati, danze inerenti alle sezioni di etnoantropologia, naturalistica e archeologia-paleontologica e si conclude con uno spettacolo sul tema del mare rappresentato nelle sere successive.
La ventesima edizione del festival propone spettacoli dai contenuti e dalle forme molteplici. Si tratta di rappresentazioni di compagnie di riconosciuta professionalità, provenienti da varie parti d’Italia, che puntano l’attenzione sul teatro di figura, sulla narrazione e sulla musica. Si ricordano il Tam Teatro Musica di Padova, con un interessante spettacolo su Ruzzante, e il Teatrino della Marignana di Mogliano Veneto, che realizza un Macbeth davvero esilarante. Al festival debutta la nostra produzione dal titolo Sulla rotta di Moby Dick, parte di uno studio del racconto di Melville.

Lo spettacolo prende spunto da innumerevoli voci che si alzano dal mare, un oprante-cuntista, un costruttore di pupi, un burattinaio e un attore-narratore si prendono per mano tuffandosi alla ricerca di un filo conduttore, al seguito della fantasia. Melville ha offerto lo spunto, Mimmo Cuticchio è capitano Achab e cuntista nello stesso tempo, a lui tocca il compito di riannodare le fila di diversi capitoli, tra letteratura e tradizione popolare.

4 – 13 ottobre
Il teatro dei Pupi e il Teatro di Figura

Per la seconda volta consecutiva la manifestazione si realizza a Sortino. Il progetto approfondisce il lavoro iniziato l’anno precedente: si pubblicano gli atti del convegno e si presentano “suggerimenti” per un disegno di legge in favore del teatro dei pupi, capace di difendere, tutelare, valorizzare le compagnie che svolgono attività continuativa e incentivare e stimolare quelle nuove che si trovano a lavorare su un tracciato già segnato da chi, come noi, ha fin qui resistito.

L’edizione viene arricchita da uno straordinario evento. L’Unesco, mentre era in corso la diciottesima edizione del festival, aveva conferito un prestigioso riconoscimento all’Opera dei Pupi, dichiarandola “Patrimonio Immateriale dell’Umanità”. Il riconoscimento assume un significato importantissimo, poiché ad essere considerato “patrimonio” non sono i pupi come manufatti o oggetti da museo, ma il teatro vivente che li vede protagonisti, il lungo ciclo delle storie dei paladini, dagli antenati e discendenti, che si tramanda da padre in figlio o da maestro ad allievo, di tecniche artigianali, di immaginario, e si rivolge direttamente agli Enti pubblici, ai quali chiede di intervenire con appositi strumenti legislativi.

Questa edizione rafforza il progetto dell’anno precedente ma accosta al Teatro dei Pupi il Teatro di Figura, riaprendo il rapporto tra pupi, marionette e burattini. Come sempre, una serie di iniziative completa la manifestazione: mostre, incontri e un progetto realizzato specificamente per la scuola, che coinvolge un gruppo di studenti delle classi dell’obbligo in un laboratorio espressivo-teatrale, nel quale vengono illustrate le tecniche di manipolazione di materiali di recupero, per la costruzione di oggetti di scena, di pupi di marionette e burattini. Il laboratorio si conclude con una messinscena che i ragazzi portano in piazza.

19 – 27 maggio
Serate Speciali

“La Macchina del Sogni” continua il suo viaggio e giunge a Sortino, in provincia di Siracusa. Su invito degli Amministratori, la manifestazione accoglie la terza rassegna di teatro delle marionette che si svolgeva nella cittadina iblea già da due anni.
L’edizione raccoglie, come di consueto, mostre, installazioni, incontri, dibattiti e coinvolge tutti, adulti, bambini, giovani e meno giovani, ma pone l’accento sul “censimento” dei pupari, costruttori e pittori attivi, riuniti in un convegno che si propone l’obiettivo di dettare le basi per un disegno di legge in favore del teatro dei pupi, proposto e discusso da tutti gli opranti della Sicilia.

Non solo spettacoli ma tutto un fervore di iniziative, distribuite contemporaneamente in diversi spazi, cercando di interessare al contempo studiosi, artisti e spettatori.

Il tema scelto per questa edizione è quello delle “Serate speciali”, spettacoli di pura invenzione poetica, alcuni nati sulla scia della tradizione, altri di nuovo repertorio, altri di puro sconfinamento scenico con manovra a vista e contaminazione tra il linguaggio epico-cavalleresco e il teatro da strada.

11 – 15 agosto
Roncisvalle

“La Macchina dei Sogni” si sposta in alcuni comuni del Parco delle Madonie. Parliamo del progetto con l’Assessore Regionale dei Beni Culturali e ci propone di coinvolgere quanti più comuni possibili del Parco. In questo caso il festival potrebbe essere direttamente promosso dalla Regione. Con i funzionari si stila un primo calendario di riunioni al fine di coinvolgere i sindaci dei comuni interessati.

Tuttavia, nonostante il progetto fosse stato intessuto un anno prima, saranno molte le difficoltà nel portarlo avanti. Ben presto ci si rende conto che tanti sindaci non partecipano alle riunioni, si decide così che alla manifestazione prenderanno parte solo otto comuni: Aliminusa, Collesano, Gratteri, Isnello, Petralia Soprana, Pollina, Polizzi Generosa, Sclafani Bagni.

Il tema è “Roncisvalle” e protagoniste le compagnie degli opranti di tutta la Sicilia, più alcuni narratori, gruppi di teatro di figura e da strada e il gruppo storico di Casteltermini Tataratà.

Il progetto si propone di presentare la grande tradizione del Teatro dei Pupi, mobilitando ogni risorsa, sia drammaturgica che del “mestiere” dell’oprante e delle tecniche del contastorie per una rappresentazione fuori dai generi e di partecipazione collettiva.

L’idea è che ciascun gruppo, compagnia o singolo narratore, racconti, in ogni paese coinvolto, una parte degli avvenimenti che confluiranno nel finale della rotta di Roncisvalle. Il raduno conclusivo di tutte le presenze artistiche del festival avviene nella grande piazza di Polizzi Generosa. Tre teatrini di pupi di stile palermitano e uno di scuola catanese, sono montati in tre punti della piazza e undici narratori arrivano da diversi sentieri. Il gruppo del Tataratà si immerge tra il pubblico per mostrare le sue ritmate danze con le spade a suon di tamburi, evocate dal cunto di Mimmo Cuticchio, che entra in scena in groppa ad un grande cavallo di legno. Angeli e demoni lanciano petardi e fuochi pirotecnici per contendersi le anime di chi cade in battaglia.

15 – 19 novembre
Ultima edizione

Perché l’ultima edizione? Forse perché siamo a fine anno, fine secolo, fine millennio?
Il quartiere dell’Olivella è una parte di città antica dove Mimmo Cuticchio vive e lavora; il suo Teatro dei Pupi esiste dal 1973 ma già negli anni Sessanta, nella parallela Via Orologio, vi operava suo padre. Oggi il centro storico si sta rivalutando, e la maggiore soddisfazione per noi è quella di vedere una via attiva, piena di giovani artigiani che, uniti agli ultimi sopravvissuti del posto, hanno aperto ogni possibile laboratorio. Dall’antico tornio ai cavallucci di cartapesta, alle ceramiche, alle pitture su stoffa, ai ceselli in oro e argento. Allora si pensa di guidare la Macchina verso altri luoghi, dove si organizzano meno “eventi”. Le edizioni realizzate finora a Palermo, hanno formato un pubblico sulle diverse tipologie di teatro che abbiamo proposto; cominciamo a pensare che forse sarebbe il caso di spostarci per cercare nuovo pubblico. In ogni modo ci impegniamo perché questa per noi diventi una edizione straordinaria.

Proficua è la partecipazione dei laboratori artigiani di Via Bara ma anche di quelli ospitati in ogni angolo della strada. Ogni bottega crea delle installazioni utilizzando elementi scenografici, decori, fotografie, filmati appartenuti alle edizioni passate ma proponendo anche nuovi lavori.

Tutto il quartiere è in festa; la strada è piena di luci, festoni, drappi e pannelli colorati, ma anche di odori, perché i ristoratori propongono assaggi di antiche ricette.

Un convegno fa il punto sul teatro di figura e, ancora una volta, chiarisce la differenza tra pupi, marionette, burattini e tra le ottanta diverse tipologie tradizionali che esistono sulla terra, nel mondo dei teatro con i fili.

28 luglio – 2 agosto
Dedicato all’Opera

La realizzazione di questa edizione, in Via Bara all’Olivella, segue altre fortunate esperienze che hanno sollevato un interesse in parte inatteso anche dagli organizzatori. In una città che quotidianamente ci sommerge di “eventi” sempre più “straordinari”, a noi la manifestazione offre l’opportunità di stabilire dei punti di contatto con il teatro di figura in genere e di continuare un lavoro sulle nuove generazioni, diretto sempre più alla valorizzazione di pupi, marionette, burattini, ombre, marottes, fantocci. Questa edizione si caratterizza come significativo momento di approfondimento dell’Opera dei pupi di cui l’Associazione è attenta custode. Inoltre, l’edizione coincide con i 25 anni di apertura del teatrino di Mimmo Cuticchio.

Via Bara all’Olivella è organizzata come un grande palcoscenico su cui vengono sistemate, a mo’ di quinte, diversi pannelli che riprendono gli spettacoli che la nostra Compagnia ha realizzato dal ’73 in poi. A partire dal Teatro Massimo, l’ungo l’asse della strada, fino a Piazza Olivella, sono posizionati i pannelli a colori degli spettacoli di tradizione. Percorrendo la strada al contrario, quelli in bianco e nero per gli spettacoli di ricerca.

La struttura del festival, come di consueto, prevede, oltre agli spettacoli, esposizioni, mostre ed installazioni. Questa tendenza negli anni si approfondisce e si precisa soprattutto per volontà della direzione artistica, che ha posto sempre più concretamente, l’esigenza di fare del festival un panorama, magari infinitesimo, di libertà espressiva. L’anno 1998 coincide con la riapertura del Teatro Massimo, nostro illustre vicino di casa, questo ci dà l’opportunità di dedicare la quindicesima edizione proprio al teatro dell’opera. Gli spettacoli sono numerosi. La maggior parte di loro dedicati proprio all’opera lirica.

15 – 19 ottobre
Tra i ruderi di un castello

Dopo i due anni nei quali la manifestazione ha avuto luogo in Via Bara all’Olivella, nasce l’idea di riportare il festival in altri spazi. L’architetto Silvana Braida ci propone di organizzarla nel Castello di Maredolce, il Castello della Fawarah che prende il nome dal parco che anticamente, da monte Grifone, si estendeva fino al mare. Parco conosciuto anche con il nome di Maredolce, dall’omonima sorgente che scaturisce ai piedi dello stesso monte.

Il festival non vede la consueta kermesse di spettacoli come nelle precedenti edizioni, tutto è puntato sulla riscoperta del Castello e della sua storia, che verrà raccontata al pubblico in un percorso guidato da attori, musici, figuranti, arricchito da elementi scenografici. Si tratta di una serata speciale, Tra i ruderi di un castello, un montaggio drammaturgico di Salvo Licata di brani tratti da opere di Michele Amari, Dino Campana, Milton e poeti arabi, con la regia di Mimmo Cuticchio e con gli attori Paola Pace e Giuseppe La Licata.

Lo spettacolo di apertura della rassegna è Francesco e il Sultano di Mimmo Cuticchio e Salvo Licata, presentato come nuovo allestimento. Alla narrazione orale di Mimmo, si aggiungono le improvvisazioni musicali al sassofono di Gianni Gebbia e i frammenti visivi di Giuseppe La Licata, in un singolare dialogo-concerto in cui la parola diventa ritmo e canto e il dialogo con Gebbia, che suona dal vivo, dà concretezza e corpo musicale ai molti personaggi evocati.
Lo spettacolo Baba Yaga del Teatro dei Fauni di Locarno è un viaggio nel mondo fantastico dei racconti popolari russi, attraverso una creazione drammaturgica che riunisce vari elementi di quella tradizione in una storia unica guidata dalle note di Quadri di un’esposizione di Musorgskij.

Ciclicità dell’esistenza, ricerca di armonia attraverso un’attenzione costante al movimento e all’espressione del corpo, sono gli ingredienti di base di Cendres (Cenere), firmata ed interpretata dal francese Gilles Coullet. Organizzato in quattro quadri, lo spettacolo attraversa un suggestivo percorso simbolico, un rituale che parte dalle origini dell’uomo.

One More Kiss è uno spettacolo in due parti di Claudio Cinelli, nel quale protagoniste sono le mani, che diventano infiniti personaggi. L’Iliade ripresa è invece una riduzione di Luì Angelini e Paola Serafini della compagnia di Cervia “Arrivano dal Mare”.

12 dicembre ’96 – 6 gennaio ’97
Un Paese chiamato Olivella

L’immagine simbolo dell’edizione di quest’anno è uscita dalle mani di una bambina tedesca della regione del Brandeburgo. È uno dei disegni, coloratissimi, che alcuni scolari hanno dedicato al nostro teatro e ai componenti della compagnia. Il disegno è stato dedicato proprio a Mimmo e rappresenta una sorta di prestigiatore, un po’ clown, un po’ puparo, su uno sfondo di stelline di Natale, colombe ed altri segni riferibili alla festa, ricco di colori, con una prevalenza di quelli della bandiera italiana.

Non potendo rinunciare agli spettacoli e alle nostre tournée, anche questa edizione si realizza in inverno. Adesso, a dicembre, bisognerà adattarsi a quello che il cielo ci manda e in ogni caso si troverà il “clima ideale” per lo spettacolo La Natività. Storie annunciate dai tetti.

Il cartellone degli spettacoli è assai nutrito, si alternano quelli di tradizione con quelli di pupi, burattini e narrazione, con un approfondimento della tradizione orale romagnola, del teatro da strada, a cui si accosta un pubblico di grandi e piccoli, apparentemente disponibili a tutto ma severamente critici se lo spettacolo è privo di ritmi ed emozione. E naturalmente c’è anche la musica, proposta da gruppi che operano una ricerca particolare tra i materiali derivati dalla musica Folk, come Terra Arsa di Gianni Gebbia, Miriam Palma e Vittorio Villa; e Luigi Lai, uno dei più autorevoli maestri di Launeddas della Sardegna.

Il settore mostre è corposo: si comincia da una installazione lungo tutta Via Bara, curata da Roberta Civiletto, di figure pastorali ed angeli, una sorta di presepe raccontato dai balconi, per continuare con una carovana di pupi per un presepe di pace, dove cristiani e saraceni depongono spade, scimitarre e mazze per dire un “no” deciso alle continue guerre e ai massacri che tormentano ancora diverse popolazioni del mondo.

3 – 13 maggio
Attorno alle mura dell’Itria

In un certo senso questa edizione è forse la più rappresentativa, perché raccoglie le diverse anime che hanno segnato il percorso della manifestazione: il teatro dei pupi, il cunto, gli spettacoli di burattini, gli artisti da strada, le mostre, i laboratori, le esposizioni degli artigiani, le installazioni, la promozione di progetti culturali e, infine, l’apertura alla città del nostro Laboratorio Teatrale, che ospita una mostra sul “mestiere” del puparo.

Un’altra singolare esposizione è Un paese chiamato Olivella, un progetto di Mimmo Cuticchio ed Elisabetta Dell’Olio che racconta, attraverso l’occhio della macchina fotografica, gli abitanti del quartiere, protagonisti di un’epopea cittadina minima e sconosciuta. Sono i volti degli abitanti di Via Bara e dei vicoli limitrofi, ritratti di artigiani, casalinghe, bambini e persino degli animali del quartiere. “La Macchina dei Sogni” in questa edizione coinvolge l’intero quartiere.

Una mostra fotografica dal titolo Dal Convento al Museo viene allestita all’interno del Museo Archeologico Regionale Salinas di Piazza Olivella, ed è completata da visite guidate tra i vicoli dell’Olivella, che Cuticchio e l’architetto Manlio Condello realizzano per gli abitanti del quartiere e per il pubblico che affolla la manifestazione.

29 novembre – 11 dicembre
Per filo, per segno, per suono

L’undicesima edizione giunge in un periodo insolito (29 novembre – 11 dicembre). Una scelta obbligata, dato che per buona parte dell’inverno, per l’intera primavera e per tutta l’estate l’associazione Figli d’Arte Cuticchio è stata occupata nell’ideazione delle manifestazioni promosse dal Comune (festino di Santa Rosalia e ciclo di spettacoli, mostre e concerti).

Viene realizzata presso l’antico monastero di Santo Spirito al rione Monte di Pietà, chiamato comunemente “Caserma Falletta”.

Gli spazi utilizzabili – l’antico orto diventato giardino, le celle, un salone e il grande atrio – contrassegnati da discreti interventi scenografici, compongono un paesaggio che è già espressione, linguaggio. In altri termini, la rappresentazione comincia già dal luogo rivisitato, dalla convivenza tra quelle pietre secolari e le macchine sceniche, le tende, i fondali e le installazioni visive.

“Per filo, per segno, per suono” è il tema. Il filo allude simbolicamente alla base del nostro fstival, incentrata sul teatro di figura. Il segno è parola e gesto. Il suono è il mondo dei suoni e della musica. Tutti gli spettacoli teatrali in rassegna hanno nella musica uno degli elementi vitali.

Il campo delle mostre e delle installazioni affianca quello degli spettacoli e una sezione video, che presenta principalmente una serie di cartoni animati ideati e realizzati a Palermo dal trio Antonino Pirrotta, Alessandra Ragusa e Gianpiero Randazzo. A metà strada tra l’installazione visivo-sonora e il congegno da parco-giochi, troviamo infine la macchina sonante, una gigantesca passerella con fiati, campane e gong, una grande tastiera percorribile.

4 – 28 novembre
Edizione Straordinaria

Il tema, quasi d’obbligo, è una riflessione sui primi dieci anni della manifestazione, come ridefinizione di un ambito espressivo che va dalla tradizione ai nuovi linguaggi.

Teatro d’animazione, da strada, di pochi mezzi, di pochi attori? Quello che si fa alla “Macchina dei sogni” è tradizione?, è avanguardia? O non è un teatro di pura invenzione, essenziale e creativo? Non è un teatro che vuole attingere una sua verità poetica? E ancora: ha senso contrapporre tradizione e ricerca, quando l’appropriazione della tradizione richiede studio e ricerca? Quando la tradizione, se indagata, offre risorse di assoluta potenza espressiva, che ce la rendono “contemporanea”?

La decima edizione si distribuisce in tre spazi differenti: nel teatro di Via Bara si rappresentano gli spettacoli del teatro dei pupi, all’Ars Nova in Via Dante si realizzano quelli dedicati ai più piccoli, dentro l’auditorium della scuola media Leonardo da Vinci vanno in scena, nelle serate, le rappresentazioni per il pubblico più adulto. È la volta di Bustric, di Donati e Olesen e ancora una volta di Alain Le Bon ed il suo Circub’U francese.

24 – 28 giugno
Il Teatro Epico Cavalleresco

La nona edizione si realizza ancora una volta a Villa Filippina, dal 24 al 28 giugno, un mese dopo rispetto al consueto periodo. L’anno è il ’92, quello dell’uccisione di Falcone (23 maggio). Lo sgomento è profondo, ma si decide di continuare.
Il tema, “Il teatro epico cavalleresco”, richiama gli esordi dell’Opera dei pupi. Come e più di allora è il caso di chiedersi quali prospettive vi siano realmente per il teatro dei pupi. La risposta, nei fatti, è esplicita: ancora tanta gente assiste agli eventi. A questa edizione partecipa, tra gli altri, Ciro Perna, l’unico pupante (termine usato in Campania per definite un oprante) di Napoli e di tutta la Campania. Rappresenta Morte e Battesimo di Ferraù di Spagna ad opera del Conte Orlando, dando modo di individuare l’ampiezza e la circolarità di una cultura. C’è una simmetria e una specularità tra quello che si fa nell’opra dei pupi siciliani e quello che si fa nel teatro dei pupi napoletani. Dopo l’episodio storico del ciclo cavalleresco, da noi si rappresenta la farsa, da loro il varieté. Ciro Perna rappresenta anche una storia di guapperia, ’O denaro co’ ’interesse, che costituisce un altro filone del teatro dei pupi napoletano.

Il programma è fitto di spettacoli e il pubblico trova di che interessarsi. Scegliendo fior da fiore, ricordiamo il tedesco del Kleines Theater di Monaco di Baviera, che propone un Orlando und Cunegonda da un testo di Karl Valentin e anche la Marionettistica dei Fratelli Napoli di Catania.

Da Berlino est, dove Mimmo lo aveva incontrato in passato, viene a Palermo Peter Waschinsky, prodigioso marionettista, fautore della teoria dell’estraniamento di Bertolt Brecht, che pur recitando nella sua lingua madre, come un mago e un illusionista, riesce a comunicare.

Gli spettacoli sono tanti e avvincenti ma il momento più coinvolgente è quello che mette insieme un quartetto d’eccezione: Rocco Lo Bianco, Nino Canino, Luciano Bumbello e Pietro Scalisi, pupari da tempo defilati, che vivono in solitudine. L’iniziativa fa il paio con l’omaggio ai cento anni d’arte della famiglia Argento, rappresentata dal maestro Giuseppe, che, ormai ottantenne, vive in una casa popolata di guerrieri appesi a un filo.

26 – 30 maggio
Il Microteatro

Palazzo Butera, al Cavalluccio marino, è una rara oasi nel centro storico corroso e spettrale. Gli atri e le vecchie stalle, queste ultime aperte per l’occasione, sono gli spazi dell’ottava edizione della “Macchina dei sogni” (26-30 maggio 1991). Tema: il microteatro. Cos’è? Il programma suggerisce: “Un teatro più piccolo degli altri? Un teatro delle pulci?”

Grandi e piccoli assistono a Lo spettacolo più breve del mondo di Paolo Di Giusto, che dopo aver lungamente armeggiato attorno a un fondalino in miniatura, sistemato sul cerchio di un grosso tamburo, annuncia con una sola battuta l’inizio e la fine del suo spettacolo, roba da far invidia al Campanile tragediografo in due battute. E, poco più in là il pubblico fa la fila per assistere ad una breve pièce della francese Jacqueline Sarazin, che, giocando sul doppio senso della parola francese chou (“tesoro” e “cavolo”), si intitola Tu sais mon chou. È ambientata dentro una vecchia scatola di scarpe, dove la Sarazin, manovrando dall’alto con dei bastoncini una coppia di pupazzetti nel loro letto matrimoniale, dà vita a un kamasutra casalingo su posizioni erotiche e discorsi quotidiani legati al costo esorbitante dei peperoni e delle melanzane, che un unico spettatore ascolta attraverso la cuffia di un walkman.

Cinque giorni intensissimi, conclusi da Mimmo Cuticchio e da Otello Sarzi. Un finale emozionante una conferenza-spettacolo in cui i pupi di Mimmo interloquiscono con i burattini di Sarzi. Un avvenimento esaltante: da un lato la tradizione dei pupi siciliani e del cuntu, dall’altro la tradizione dei burattini. La conferenza-spettacolo è un continuo entrare e uscire dalla memoria. L’incontro tra i due maestri manifesta lo scambio di un mistero, che svela la necessità di questo particolare teatro.

30 maggio – 3 giugno
Il Viaggio

Quello del viaggio è un tema antico quanto il mondo. Il viaggio in senso stretto e in senso simbolico è anche il tema della settima edizione de “La Macchina dei Sogni”, che per la quarta ed ultima volta, dal 30 maggio al 3 giugno, si svolge alla Città dei ragazzi. Il tema è forte e consente accostamenti azzardati. Marionette e burattini restano al centro dell’attenzione, ma si scopre che il teatro d’animazione e quello di ricerca, fatto da soli attori, sono più vicini di quanto non si pensi. Si ha l’impressione che “si cerchino”. Entrambi postulano un distanziamento dal fatto rappresentato, un’oggettivazione della fabula.

Convivranno felicemente quelli che recitano con i pupi e quelli che recitano senza. Tra i primi c’è la Casa di Pulcinella Granteatrino di Bari, che, con maschere e burattini, fa Guitteria (sul vagabondare delle compagnie dei cosiddetti saltamontagna), e lo stesso Mimmo, che, con il figlio Giacomo, di sette anni, mette in scena L’infanzia di Orlando. Tra i secondi, il gruppo Iarba di Catania e i Figli d’arte Medas di Cagliari.

Il Teatès di Palermo, diretto da Michele Perriera, il suo viaggio lo compie tra monologhi delle avanguardie storiche fino alla neoavanguardia. Per la musica si ricorda un concerto dell’organista palermitano Vito Gaiezza e una cavalcata nella canzone americana tra le due guerre del soprano Elizabeth Smith.

Alessandro Rais cura le installazioni-video; Toti Garraffa anima il gazebo con le sue invenzioni visive tra il concettuale e l’autoironia.

24 – 28 maggio
Il Giardino delle delizie

Ancora alla Città dei ragazzi. Siamo alla sesta edizione de “La Macchina dei sogni” (24-28 maggio 1989) e la terza che si svolge nel giardino del Marvuglia.

Il gruppo di lavoro del festival si ritrova un po’ del lavoro fatto negli anni precedenti e la familiarità con il luogo consente nuovi piccoli prodigi. Il parco-giochi è trasformato, irriconoscibile. Non è esagerato ambientarvi un “Giardino delle delizie”. Questo è infatti il tema. E per numero di spettacoli e installazioni, e per qualità, il pubblico non troverà eccessivo un simile titolo.

I burattinai Pupella-Nogues, un genovese e una francese che fanno coppia e compagnia, ispirandosi a Obrazov, realizzano un teatro di poesia e immagine. Manovra a vista, musica, animazione. Qualità assoluta.

L’Erio’s Theatre è il gruppo di Erio Maletti, emiliano, componente di una famiglia d’arte. A Ravenna ha fondato una scuola di teatro da strada, che “laurea” giocolieri, saltimbanchi, funamboli, equilibristi, trampolieri, mangia- fuoco.
Bruno Leone, già incontrato nelle precedenti edizioni, celebra a suo modo il duecentesimo anniversario della rivoluzione francese con lo spettacolo di guarattelle Pulcinella e la rivoluzione francese.

26 – 29 maggio
Il Labirinto

La quinta edizione (26-29 maggio 1988) si svolge, per il secondo anno consecutivo, alla Città dei ragazzi sul tema del Labirinto. All’ingresso c’è una installazione con percorsi impossibili. È un gioco è un simbolo. Il gruppo guidato da Mimmo si propone di rintracciare gli aspetti originari di questo giardino del ’700, si tratta di riscoprire i simboli e le magie dell’antico giardino.

Il calendario degli spettacoli è fittissimo e, come se non bastasse, ci sono anche una nutrita sezione musicale e una di installazioni di artigiani e artisti.

Gli spagnoli dell’Atiza Titeres di Siviglia, conosciuti e apprezzati da Mimmo al festival di Barcellona, fanno un Otelo y Desdemona memorabile.

La compagnia Le Cummari di Roma rappresenta un testo che Federico Garcia Lorca scrisse nel 1931 per un teatro di burattini, con il quale collaborava in quegli anni.

Ancora un gruppo spagnolo, La Pupa di Siviglia, realizza un Macbeth per attori, marionette, ombre ed altri elementi magici. Troppi. Citiamo ancora il Teatro del Barattolo di Jesi, poi trasformatosi in Teatro Pirata, il gruppo spagnolo La Bicicleta (musicisti, attori, danzatori, marionette) con il suo fantasioso viaggio a Tangalomgo. Fianco a fianco con gruppi giovani del territorio, che Mimmo ritiene di dover valorizzare. Uno per tutti, il palermitano Daimon Kybernetes, che propone il teatro danza.

27 – 31 maggio
Il Teatro e la Magia

Il giardino settecentesco del Marvuglia, meglio noto come “Città dei ragazzi”, è un lembo del parco della Favorita, ideale per una manifestazione come “La Macchina dei sogni”. Posto a metà strada tra Palermo e Mondello, offre la possibilità di afflusso dalle due direzioni e ampi spazi per poter parcheggiare. L’interno è in abbandono e tuttavia immerso nel verde. Il tema della quarta edizione del festival è “Il teatro e la magia” e in programma c’è anche una vera maga, Sarah Bechet, con studio in un corso principale di Palermo. La Bechet è una cartomante di professione, che si piazza nella zona detta Gazebo e, a richiesta, predice il futuro. Ma è questa la magia? Non sono più magiche le marionette di Alain Le Bon, del Cirkub’U di Saintes? Alain compare da una grande conchiglia e muove i burattini nella favola Punch o l’autre don Juan. Ed è certamente magico il Konic Group di Barcellona, che con manichini attaccati al corpo degli attori, rappresenta la creazione del mondo.

Più di un gruppo adotta il bunraku, una complessa tecnica del teatro delle marionette giapponesi, che richiede tre manianti per animare una sola marionetta: sono il sudamericano Redoma Teatro, il Baira Va, lo spagnolo (di Valencia) Teatro Buffo.
Troppi sarebbero da citare anche qui. Per la musica, è la prima volta dei fratelli Mancuso, Enzo e Lorenzo, originari di Sutera, che arrangiano i loro canti con strumenti dell’intera area mediterranea: ud arabo, viella, ghironda, ecc.

27 – 31 maggio
La fiera dello spettacolo ovvero gli artisti da strada

La terza edizione del festival (27-31 maggio 1986) si riesce ad organizzarla a Villa Filippina, come da programma. Da quest’anno “La Macchina dei Sogni” si svolgerà, per diverse edizioni, nell’ultima settimana di maggio. Il tema è “Gli artisti da strada”, artisti che portano con sé tutta l’attrezzatura di cui hanno bisogno e che riescono a fare spettacolo utilizzando pochi elementi. È un mondo poetico e creativo che sfugge ad ogni catalogazione. Tra i gruppi da ricordare, il Bochin Teatro che, con trombe e sax, va in giro ogni giorno da via Libertà a Ballarò per annunciare gli spettacoli. Per l’occasione compongono un brano particolarmente efficace, che chiamano, ovviamente, La Macchina dei Sogni.

Il francese Albert Bagno realizza le sue figure con la carta. Ma per la prima volta, spinto da Mimmo, le parla, ovvero le anima, le rende personaggi di varie piccole storie.

Il pittore Gianpistone dirige uno stage sulla costruzione di marionette per una dozzina di insegnanti di scuola elementare e media. Alla fine ognuno se ne andrà con la sua marionetta.

Il puparo napoletano Nicola Furiati partecipa con il suo Pulcinella. Ma da quest’anno, insieme ai figli, ricostruirà il suo teatro. Furiati è discendente di donna Peppa e Salvatore Petito, pupari storici.

La bolognese Giuliana Pettinari con il suo Teatrino di Bebette, una scatola di 40 centimetri per lato, e le sue minuscole marionette, rappresenta molte storie per un solo spettatore, gli altri, intanto, la ammirano intenta nell’animazione.
Otello Sarzi di Reggio Emilia, maestro di tante giovani compagnie è un’altra delle presenze costanti con il suo teatro “Il Setaccio”. Manovrando burattini a guanto o a bastone, animando e sperimentando, mai pago dei risultati raggiunti, moltiplica le possibilità del teatro di figura.

Gli spazi di Villa Filippina consentono di allargare lo sguardo. Con gli artisti di un teatro artigianale, per la prima volta, vengono ospitati gli artigiani che realizzano vere e proprie opere d’arte. Le presenze sono tante. E negli anni aumenteranno.

16 – 25 aprile
Le tecniche del racconto fra tradizioni e avanguardia

16-25 aprile ’85. Le manifestazioni si dovrebbero tenere a Villa Filippina, in un ampio giardino monumentale un po’ abbandonato, che ha richiesto grande lavoro di allestimento. Ma piove per oltre una settimana, giusto nei giorni fissati per le rappresentazioni. Occorre trasferire in fretta tutto nel teatrino di via Bara all’Olivella.

Il tema può sembrare canonico: “Le tecniche del racconto”, ma con uno sviluppo che vuole indicare dinamicità “fra tradizione e avanguardia”. Le tendenze verranno pienamente rappresentate. Paolo Puglisi, contastorie settantenne di Catania, ha un repertorio che va da Re Pipino e i paladini di Francia a Erminio della stella d’oro. Altro contastorie di questa edizione è Totò Spataro di Trabia, che allora aveva 65 anni, di una famiglia di pescatori, che ha ripreso il suo antico mestiere di contastorie in occasione del festival. Anche di Spataro conserviamo alcuni filmati e registrazioni audio.

Bruno Leone è tra gli artisti che ritroveremo spesso ne “La Macchina dei Sogni”. Napoletano e allievo di Nunzio Zampella, inizia un percorso sulla narrazione seguendo i laboratori di Mimmo Cuticchio, continuerà a narrare con la maschera di Pulcinella di cui oggi è autorevole portavoce.

Massimo Schuster è, con Peter Schumann, tra i fondatori del “Bread and puppet theatre” (Teatro pane e pupi). Nel ’75, con Marion David, fonda a Parigi il “Téâtre de l’Arc en Terre”, con il quale trae dai classici − adattandoli ai suoi pupi e alla manovra a vista − spettacoli di grande eleganza formale.

Il francese Roy Hart Theatre, guidato da Enrique Pardo, presenta lo spettacolo Poesis. Lo spazio è stavolta la sala liberty del Teatro Libero di Beno Mazzone, in piazza Marina. Il gruppo svolge la sua ricerca attorno alla voce, meglio alla vocalità. Farà anche un seminario intitolato L’immaginario della voce, mentre Mimmo Cuticchio, parallelamente, condurrà un seminario sulle tecniche del cuntu. Tradizione? Avanguardia? Nel corpo sonoro di Mimmo, nella sua vocalità temprata dalle esperienze di oprante e contastorie è teatro totale. Una novità antica.

14 aprile – 13 maggio
50 anni di attività di Giacomo Cuticchio

La prima edizione si costruisce con e intorno a Giacomo Cuticchio (1917-1985): mostre, riflessioni, spettacoli, distribuiti lungo un mese, da metà aprile a metà maggio. I luoghi sono il Teatro Ippogrifo di vicolo Ragusi, il Teatro Santa Rosalia di via Bara all’Olivella, la prima sede del Museo delle Marionette a palazzo Fatta in piazza Marina.

Durante il convegno L’opera dei pupi, situazione e prospettive, intervengono studiosi come Roberto Leydi, Ferruccio Marotti, Carmelo Alberti, Nino Buttitta e Antonio Pasqualino. Il lato spettacolare è un “album di famiglia”, fissato anche in un opuscolo con le memorie del cav. Giacomo: Mimmo, per l’occasione, scrive un nuovo testo e lo dedica al padre; Anna rappresenta una rielaborazione della Cavalleria rusticana; il cav. Giacomo presenta, nel suo teatro, La morte di don Buoso e don Chiaro e, in quello di Mimmo, La morte di Milone, due cavalli di battaglia degli anni della sua gioventù. Del primo conserviamo un filmato ripreso da dietro le quinte, che oggi costituisce un documento raro sulle tecniche di manovra. La camera è fissa su Giacomo Cuticchio, il quale inventa voci e scenari, battaglie e dolori, ironie e giochi. La morte di Milone è lo spettacolo che Giacomo aveva realizzato cinquant’anni prima, quale prova d’arte.