SERATE SPECIALI
Sono spettacoli in cui in un unico episodio si raccontava la storia di un eroe, di un fatto accaduto o di un avvenimento.
Già nella seconda metà dell’Ottocento e fino agli anni Sessanta del secolo scorso si trattava di messe in scena per attrarre nuovo pubblico. Erano storie di malagiustizia, d’amore, di briganti, di santi… Sul solco di queste serate la compagnia ha in repertorio numerosi spettacoli che però sconfinano da quello tradizionale dei pupari perché nascono dall’esigenza di una ricerca continua, di un viaggio che non ha mai fine, della scoperta di se stessi.
Le meravigliose avventure di Guerrino detto Meschino
Il giovane Guerrino è figlio di regnanti. A seguito di un tradimento che il padre ha subito, viene venduto come schiavo a Costantinopoli quando è ancora in fasce. Il ragazzo crescerà talmente affettuoso e leale che i genitori adottivi quando è grande gli renderanno la libertà. Il desiderio principale di Guerrino sarà quello di conoscere le sue origini e pur di sapere la verità, affronterà il mondo fino ad entrare nell’incanto della maga Alcina, superando sortilegi, prodigi, duelli contro giganti ed esseri fantastici.
Il copione è composto da scene concertate con una struttura drammaturgica ben definita, con un dialogo che i personaggi improvvisano di volta in volta. Un testo nuovo che punta sull’aspetto avventuroso delle vicende del povero Guerrino “cavaliere d’amore” alla ricerca delle sue origini, ma i ritmi e l’incedere sono quelli del teatro epico-cavalleres.
Francesco e il sultano
Nell’estate del 1219, a 37 anni, Francesco si reca con alcuni compagni a Damiata, in Egitto, nella generosa illusione di poter fermare gli scempi della quinta crociata. Il delegato della Sede Apostolica, cardinale Pelagio Galvan, che guida l’assedio a Damiata, lo tratta come uno sconsiderato. Francesco è convinto che nell’Islam occorre andare con il mano il Vangelo e non con la spada. Pelagio va invece ripetendo che l’Islam va schiacciato proprio con la spada. Francesco gli predice, nel nome di Dio, una vergognosa fuga che si verifica puntualmente il 29 agosto. Nella sua divina ostinazione, si reca nel campo dei Saraceni, deciso ad incontrare il sultano Melek El Kemel, che inutilmente aveva offerto ai cristiani una onorevole proposta di pace. Il sultano apprezzerà profondamente la fede cristiana di Francesco spinta al rischio del martirio.
Attorno a questo episodio della vita del Santo, che lo rivela come precursore di un concetto di convivenza universale, ruotano dicerie, miti, leggende e fatti storicamente accertati, dall’affiorare del senso della sua missione, alla rottura con la famiglia, al proselitismo, al rapporto con Chiara, al lupo di Gubbio, all’opera di rievangelizzazione del suo ordine, al dissenso con l’ala più mondana della Chiesa, al mistero delle stigmate ricevute nell’eremo della Verna.
La vicenda è adattata all’ascolto di alcuni popolani, nella Palermo della prima metà del XIII sec. Funestata da conflitti sociali e repressa da Federico II, impegnato a ristabilire l’autorità imperiale. Sulla scorta delle fonti, si immagina che due confratelli di Francesco giungano nella zona dell’antico porto di Palermo la sera del 13 settembre del 1224, vigilia del giorno arcano in cui Francesco riceverà le stimmate. Sollecitati dalla curiosità popolare, narrano la vita del Santo. La rappresentazione, oltre a dare un’idea della diffusione del francescanesimo in Sicilia, valorizza con il linguaggio delle maschere e quello dei combattenti, le potenzialità espressive dell’opera dei pupi.
Iliade o sia il riscatto di Priamo
Forse l’inizio di un nuovo grande ciclo dell’opera dei pupi che Mimmo Cuticchio, andando contro corrente, sfidando la morte annunciata di questo genere, azzarda alle soglie del terzo millennio.
“L’Iliade o sia il riscatto di Priamo” è una lettura del poema carica di sentimento tragico e di profonda mestizia.
L’affetto materno di Teti, il respiro notturno di Agamennone, la sognante apparizione di Nestore, il pianto addolorato di Achille per la morte del suo amico Patroclo, sono momenti straordinari, dove anche gli eroi, Ettore e Achille sono mirati a coniugare racconto epico e poema cavalleresco. Non mancano le battaglie tra Achei e Troiani, con relative teste mozzate e corpi in due: ma questa volta non scatta il sorriso come nelle normali lotte tra pupi, bensì drammaticità. E la rovente tensione è già all’inizio, nel cunto scattante e dinamico di Mimmo Cuticchio, voce che non concede attimi di tregua nella scultorea plasticità del suo narrare.
Lo spettacolo si inserisce in quelle che una volta per il puparo erano le “serate speciali”, in cui si raccontavano, in un unico episodio, l’intera storia.
Le scene e i pupi sono nuovi, creati per questo progetto, le musiche realizzate con il tradizionale pianino a cilindro.
Aladino di tutti i colori
L’idea di mettere in scena la meravigliosa storia di Aladino, del Genio della lampada e del più potente mago africano, era accarezzata da Mimmo Cuticchio diversi anni addietro, subito dopo l’Infanzia d’Orlando, spettacolo che il puparo e cuntista mise in scena con il figlio Giacomo, che all’epoca aveva appena sette anni. Giacomino-Orlandino sarebbe diventato questa volta Giacomino-Aladino, prosecuzione di un gioco iniziato tra padre e figlio nel calore degli affetti e della casa. Ma, mentre si stava studiando il testo, nelle sale cinematografiche arrivava il cartone animato Aladin e noi non volevamo dare l’idea che la nostra produzione fosse frutto dell’interesse che il film aveva suscitato nel grande pubblico. Dunque rimandammo il progetto. Nel frattempo, di progetto in progetto, il tempo è passato e l’idea è stata accantonata anche in considerazione del fatto che il piccolo Giacomo, come succede a tutti i bambini di quell’età, in pochi anni era cresciuto in altezza da sembrare già adulto.
Oggi Mimmo Cuticchio manifesta nuovamente il desiderio di realizzare uno spettacolo su Aladino, strutturato come una favola dedicata essenzialmente ai bambini ma che, nell’incanto del teatro dei pupi, si propone di vivere dell’appassionata partecipazione del pubblico di ogni età.
Lo spettacolo, ideato e diretto da Mimmo Cuticchio, unisce con semplicità e naturalezza, attraverso “la parola”, la cultura occidentale e quella orientale nell’ambito di un più vasto progetto di convivenza universale e di tolleranza, avviato molti anni fa con lo spettacolo Francesco e il Sultano di Cuticchio e Licata, dove alle crociate i due autori contrapponevano la cultura francescana, che alla spada sostituisce il Vangelo e all’aggressione l’accoglienza.
In Aladino di tutti i colori l’attenzione è incentrata sempre sulla convivenza e la tolleranza, focalizzata sul progetto infanzia come valore. Troppo spesso le necessità sia materiali sia spirituali dei bambini sono sottovalutate e nei bisogni degli adulti si consuma l’oblio dei più piccoli.
Certamente il nostro è solo uno spettacolo, una sorta di illusione e di utopia necessaria, in cui si proclama l’aspirazione – per noi irrinunciabile – alla sostanza delle cose.
La messa in scena è fondata sulla scoperta del teatrino come scatola magica: l’alternarsi delle scene e delle luci, l’aggiunta della musica, diversamente dallo spettacolo tradizionale, conferiscono all’insieme e alla drammaturgia del racconto un tocco di attualità.
Alì Babà e i 40 ladroni
E’ la nuova produzione che focalizza l’attenzione sul diverso e trova un senso nella temperie degli avvenimenti che stanno sconvolgendo l’assetto mondiale. Senza forzare nella direzione della retorica degli accadimenti più recenti, questo spettacolo individua come centrale l’elemento dello “Straniero”, figura retorica archetipa già protagonista della tradizione classica teatrale ma anche del nostro passato e il nostro futuro di migranti di oggi e di ieri seppure con condizioni e motivazioni differenti. Lo straniero, non è necessariamente di un altro Paese o di un altro Stato, lo straniero è presente tra i nativi stessi delle nostra città, specialmente a Palermo dove sopravvivono “enclave” di profonda emarginazione, soprattutto culturale, oltre che sociale.