Associazione Tavola Tonda
L'Associazione Tavola Tonda ha come obiettivo principale la rivalutazione e la promozione del patrimonio culturale della Sicilia e del Mediterraneo, con particolare attenzione verso la musica e la danza tradizionale come strumenti di aggregazione e comunicazione.
La Scuola Popolare di Danza e Musica di Tavola Tonda è l'unica realtà esistente in Sicilia che si occupa del mondo musicale a tutto tondo: strumentale, vocale, coreutico. Al suo interno vengono organizzati corsi di Strumento (cordofoni: chitarra, ukulele, liuto arabo, violino, mandolino; aerofoni e mantici: flauto Ney, flauto traverso, organetto, fisarmonica; membranofoni: tamburi a cornice e percussioni africane; idiofoni: castagnette, conchas); corsi di Canto tradizionale e Tecnica vocale; corsi di Danze Popolari (di repertorio tradizionale europeo, del sud Italia e dell'Africa occidentale).
Alla Scuola è affiancata l'organizzazione di concerti, rassegne musicali, spettacoli teatrali, incontri tematici, festival (EspressivaMente, MarranzanoWorldFest) oltre alle ormai tradizionali Feste a Bballu mensili, che nel giro degli ultimi anni hanno coinvolto migliaia di persone. I docenti della Scuola hanno organizzato anche diversi laboratori teorico-pratici in Italia, Francia, Polonia, Spagna, Germania, Stati Uniti e naturalmente in Sicilia, coinvolgendo decine di artisti italiani e stranieri. |
La festa a bballu
Michele Piccione zampogna, tamburi a cornice, marranzano, chitarra battente, percussioni
Benedetto Basile flauto traverso, ottavino, tamburi a cornice
Alessandro Venza chitarra e percussioni
Marco Macaluso fisarmonica
Marcello Alajmo organetto
Barbara Crescimanno tamburi a cornice, danza
Alba Mangione danza
Nella tradizione contadina salutavano la fine di un ciclo di lavoro, o celebravano un periodo dell'anno ritualmente connotato, ed erano l'occasione per la comunità di riunirsi, rinsaldare i legami, dimenticare la stanchezza e prepararsi a un nuovo ciclo.
Oggi vengono riproposte dalla Scuola Popolare di Danza e Musica di Tavola Tonda come una gioiosa festa, con i musicisti della scuola sul palco a eseguire brani della tradizione popolare siciliana per danzare tutti assieme.
Sul palco si intrecceranno le melodie della fisarmonica con le note del flauto traverso, dell'ottavino e della chitarra. I ritmi dei tamburelli e la potenza della zampogna inviteranno i più riottosi almeno a battere i piedi…
Balleremo insieme, quindi, seguendo un percorso che andrà dai cerchi di scottish e polke figurate, al ballettu messinese, fino alla “sudatissima” contraddanza finale.
I neofiti saranno introdotti alla scoperta delle danze e guidati nei passi, durante la festa, dalle docenti di Danze Popolari di Tavola Tonda. |
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Atelier La Lucciola
L'Atelier La Lucciola è un teatro per bambini, ubicato nel cuore di Palermo, a pochi passi dal Teatro Massimo, con una forte identità, che stimola la fantasia dei più piccoli, l'unico luogo artistico della città pensato a misura di bambino. Il progetto nasce nel 2004 dalla volontà di due artisti, Nadia Parisi e Alessandro Prestipino, di dare un contributo artistico alla città, un segnale forte alle istituzioni e ai singoli cittadini, con la creazione di un luogo scevro da condizionamenti politici, dove i più piccoli possono trovare libero sfogo alla loro fantasia, impegnandosi anche in attività che sono espressione della propria personalità con la realizzazione di creazioni artistiche interamente concepite e realizzate "in atelier" da bambini e adolescenti. |
Bianca come neve rossa come fuoco
Nadia Parisi Marionette da tavolo
e narrazione
Alessandro Prestipino Tecnico luci e suono
Lo spettacolo si basa su una delle fiabe trascritte dall'antropologo Giuseppe Pitrè.
La storia viene narrata da un'attrice, usando delle marionette "da tavolo" manovrate "a vista". L'atmosfera dello spettacolo, a volte drammatica, a volte ironica è delineata da un tappeto sonoro che scandisce i vari momenti dello spettacolo, arricchito da suoni che sottolineano l'azione, valorizzano la narrazione e tengono sempre desta l'attenzione degli spettatori. Le scene dello spettacolo cambiano e si sviluppano direttamente davanti gli occhi dei bambini, suscitando stupore e tanta curiosità.
La fiaba racconta di una fanciulla costretta a vivere dentro una torre, prigioniera di madre draga, una terribile orchessa che costringe la povera bianca come neve rossa come fuoco a vivere secondo le sue regole. Il tema caratterizzante della fiaba è proprio il nome della fanciulla: "Bianca-come-neve-rossa-come-fuoco", un nome lunghissimo e sicuramente un po' complicato da ricordare, soprattutto per il povero figlio del Re e della Regina, il Principe Federico, il quale da bambino rimane vittima della maledizione di una vecchia strega, secondo la quale non si sarebbe mai potuto sposare finché non fosse riuscito a trovare una fanciulla che si chiamava, appunto, "bianca-come-neve-rossa-come-fuoco". È per questo che, raggiunta la maggiore età, chiede congedo ai suoi genitori, e intraprende un lungo viaggio ricco di avventure alla ricerca della fanciulla che abbia questo nome.
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Di Bella e Coppola
Giuseppe Di Bella è nato a Enna dove vive. Dal 2000 si occupa di poesia, accostando la sua ricerca all'ambito musicale e ad altre forme artistiche. Dal 2005 collabora con la rivista d'arte contemporanea con-fine, di cui e redattore capo dal 2010. Per la casa editrice omonima è responsabile della produzione e curatore di diverse collane, tra cui quella di poesia "Sete". Nel 2010 ha iniziato a collaborare con l'Annuario critico di poesia di Giorgio Manacorda. Oggi divide la sua attività fra la casa editrice con-fine e la composizione musicale attraverso la forma della canzone popolare e d'autore, anche per il teatro e il cinema.
Enrico Coppola
Nasce a Enna e fin da piccolo entra a contatto con le arti figurative e con la letteratura nella galleria d'arte paterna. Con gli anni sviluppa un interesse eclettico verso la musica. Si iscrive alla facoltà di Lettere e Filosofia di Catania dove approfondisce i suoi studi artistici, letterari e filologici e si laurea nel 2006 con una tesi in Storia dell'Arte medievale. Nel frattempo consolida la sua concezione militante del fare musica prendendo parte attiva a diversi progetti finalizzati alla produzione e all'esecuzione di brani inediti. Oggi è impegnato in progetti che spaziano dalla musica d'autore al rock classico. |
Il tempo e la voce
Giuseppe Di Bella Voce, chitarra
classica e acustica
Davide Campisi Tamburi a cornice,
cajon e piccolo
set di batteria
Enrico Coppola Basso
Antonella Barbera Flauto
Il concerto live è una sorta di viaggio narrativo fra i versi antichi e il mondo della canzone, dove al racconto minimo dei versi e dei poeti si aprono spaccati musicali in un ensemble cantautorale per snodare il concept, fra percussioni etniche aperture armoniche contemporanee e timbri modulabili.
L’idea è quella di collegare fra loro diversi momenti culturali, e diverse discipline, a partire dalla radice comune del proprio patrimonio culturale. Coltivando la volontà di fare rivivere i testi della Scuola poetica siciliana, da cui è nata la lingua italiana.
I due artisti hanno selezionato 12 testi, tra gli autori più noti ma anche tra gli anonimi, dell'antologia, per convertirli dalla versione toscanizzata all'ipotetico archetipo. Il tentativo è di ricostruire - non solo in senso filologico - la musicalità originaria, coi suoi vocalismi e le sue aperture.
Una vera e propria ricerca che tenta di restituire l’Aura di un tempo perduto.
Musicare i versi ha richiesto una responsabilità maggiore, poiché il senso non era quello di ripristinare, come nella filologia musicale o nel “revival in stile classico ed etnico-popolare” il “suono antico", ma di rendere attuali e vitali quei versi attraverso la forma diversificata della canzone.
La loro ricerca non è meramente estetica, porta in sé una componente provocatoria di militanza. Mentre tutti competono in un quadro in cui si impone “il commerciale” Di Bella e Coppola, ricercano un passaggio di umanità resistente trasmessa da quella poesia medievale fatta di sentimenti altissimi e quasi impossibili da concepire nell'umanità di oggi fatta di schemi e modelli “ordinari”. |
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Associazione Figli D'Arte Cuticchio
La compagnia nasce nel 1971 sotto la guida di Mimmo Cuticchio.
Il recupero delle tecniche tradizionali dei pupi e del cunto, la ricerca e la sperimentazione sono i tre principali linguaggi della comunicazione teatrale. La sopravvivenza artistica della compagnia è dovuta alla ricerca di un proprio spazio espressivo che valorizzi al massimo le tecniche dei pupari e dei contastorie, linguaggi tutt’altro che esauriti o superati, per tentare un teatro di verità e di poesia.
Dal 1977 l’Associazione Figli d’Arte Cuticchio accorpa la compagnia omonima e oltre all’attività di produzione porta avanti anche quella di promozione.
Dal 1984 organizza il festival teatrale intitolato La Macchina dei Sogni; dal 1997 una scuola per pupari e cuntisti con l’obbiettivo di garantire un futuro al teatro dei pupi e al cunto.
Dal 2007 tutto il mestiere (per mestiere s’intende il patrimonio completo di un oprante-puparo) tradizionale di Mimmo Cuticchio e l’altro mestiere che ha costruito con gli spettacoli di innovazione, sono aperti al pubblico in forma di museo. Un museo in movimento che si sviluppa nei luoghi dove egli lavora, costruisce i pupi e ne rappresenta le storie.
Accanto al teatro e al laboratorio esiste un archivio costantemente arricchito con documenti, canovacci, copioni, libri, foto e video, che nel 2013 il è stato dichiarato di interesse storico dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – Direzione Generale per gli Archivi Servizio II Tutela e conservazione del patrimonio archivistico – su proposta formulata dalla Soprintendenza Archivistica per la Sicilia. |
La pazzia di
Orlando ovvero
il meraviglioso
viaggio di Astolfo
sulla luna
Mimmo Cuticchio Cunto, adattamento
scenico e regia
con Mimmo, Giacomo
e Tiziana Cuticchio,
Tania Giordano
musiche Giacomo Cuticchio Ensemble
Marco Badami violino
Andrea Rigan,
Francesca Bongiovanni celli
Mauro Vivona corno
Nicola Mogavero sax
luci Vincenzo Cannioto
fonica Cristiano Nasta
È un episodio centrale tanto nell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto quanto nel repertorio dell’Opera dei Pupi. Le mirabolanti avventure dei Paladini di Francia, l’epopea guerresca che vede contrapposti mori e cristiani in un conflitto senza fine, le apparizioni di mostri e maghi d’ogni sorta, gli incantesimi, le passioni d’amore che accecano i valorosi cavalieri distraendoli dai loro doveri, sviluppano nell’opera ariostesca un vorticoso crescendo di invenzioni e colpi di scena. Un meccanismo narrativo che l’Opera dei Pupi ha fatto proprio esaltandone l’iperbole barocca e immaginifica.
Negli ultimi anni Mimmo Cutichio ha praticato una nuova forma di rappresentazione, che unisce la tecnica del cunto col teatro dei pupi a scena aperta, cioè con la manovra a vista al di qua del piccolo boccascena del teatrino. Un espediente che gli consente di “aprirsi” sulla grande scena, esaltando la potenza e l’incedere del racconto. Mostrarsi al pubblico non tradisce l’incanto di un teatro che ha il suo fondamento nella tecnica “segreta” dell’oprante, nella sua capacità di dar voce a tutti personaggi mentre li manovra dietro le quinte. L’esperienza di cuntista e narratore, che Mimmo Cuticchio ha maturato in tanti anni di lavoro, ci ha insegnato che la presenza fisica dell’attore, i suoi movimenti, la mimica, quella che qualcuno ha definito una vera e propria danza, non fanno che esaltare il ritmo del racconto e la capacità immaginativa del pubblico. Ciò non toglie nulla all’artigianalità del teatro dei pupi, che continua a servirsi di tutti gli stratagemmi del “mestiere”e dell’apporto dei manianti e combattenti.
La musica in questo spettacolo non è fatta con il piano a cilindro. Un ensemble di archi e fiati eseguono dal vivo delle composizioni scritte da Giacomo Cuticchio ed ispirate a quelle della tradizione.
La pazzia di Orlando, uno dei capitoli più visionari del repertorio dell’Opera dei Pupi, ci permette di mostrare al meglio il risultato di questo percorso di rinnovamento della tradizione. La guerra di Agramante d’Africa contro la Francia di Carlo Magno, gli incanti e gli incantesimi, l’amore tra Angelica e Medoro, che scatena la follia di Orlando, Astolfo che in groppa all’Ippogrifo raggiunge la luna per recuperare il senno del cugino, sono gli ingredienti del favoloso mondo dell’Opra, di un grumo narrativo che ha la capacità di catturare ancora oggi grandi e piccini. |
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Fratelli Mancuso
Enzo e Lorenzo, sono cantori, compositori e polistrumentisti originari della Sicilia.
Nati a Sutera in provincia di Caltanissetta, intorno alla metà degli anni '70 emigrano a Londra dove risiedono per otto anni lavorando in diverse fabbriche metalmeccaniche.
In quegli anni, a contatto con circoli culturali e teatri, iniziano a ricomporre i frammenti del patrimonio musicale della loro terra.
Ritornati in Italia nel 1981, si stabiliscono in Umbria, a Città della Pieve dove risiedono attualmente. In poco più di trent’anni Enzo e Lorenzo Mancuso, hanno attraversato mondi in apparenza inconciliabili, i sentieri sperduti di Sutera e le lontane periferie industriali del nord Europa. Hanno appreso la lingua del ricordo come il naufrago impara a nuotare, annullando, in questo modo, ogni distanza che estrania la quotidiana esistenza dal sentimento della propria appartenenza. Hanno iniziato a cantare quasi senza accorgersene e hanno continuato a farlo anche quando, abbandonate le nebbie londinesi, sono riemigrati in Italia, inseguendo un canto ideale, intimo, essenziale, semplice e necessario come un bisogno primario. Con questa ‘virtuosa inconsapevolezza’ hanno cantato nei teatri e nelle piazze, in Italia e all’estero e offerto il segno del loro mondo sensibile. Numerosissimi sono i premi e i riconoscimenti che hanno ottenuto in Italia e nel mondo.
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Il canto sacro siciliano
Programma: Misteri, Rosari, Novene, Lamentazioni
Strumenti: harmonium, viella, chitarre, violino, ghironda, voci
I canti sacri occupano un posto di assoluto rilievo nei vari e consistenti repertori di tradizione orale in Sicilia.
Secondo quanto scriveva un illustre folklorista, nell’Isola esistevano tanti rosari e novene quanti i santi venerati dalla Chiesa.
Di questo ricco patrimonio, conservato nei paesi, nelle chiese, eseguito nelle ricorrenze religiose più importanti, una considerevole parte, come le novene natalizie, per esempio, è stata tramandata dai cantastorie ciechi (gli orbi) che in passato giravano i paesi nei nove giorni che precedono il Natale.
I fratelli Mancuso che in questi repertori si sono formati, sono divenuti, nel tempo, gli eredi naturali di quella tradizione, diffondendone la bellezza e ricucendo gli strappi che ad essa la continua evoluzione dei tempi, non di rado, produce. |
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Ambrogio Sparagna e i solisti dell'Orchestra Popolare Italiana
Ambrogio Sparagna, figlio di musicisti tradizionali di Maranola (LT), studia Etnomusicologia all'Università di Roma con Diego Carpitella con cui realizza numerose campagne di rilevamento sulla musica popolare dell'Italia centrale e meridionale.
Nel 1976 dà vita alla prima scuola di musica popolare in Italia, presso il Circolo "Gianni Bosio" di Roma dove fonda nel 1984 la "Bosio Big Band", l'originale orchestra di organetti con cui mette in scena nel 1988 "Trillillì.
Storie di magici organetti ed altre meraviglie", opera folk che utilizza la favola musicale come espediente narrativo.
Nel 1992, su commissione del Festival Mediterraneo-Musica di Ravello, compone l'opera "Giofà. Il servo del Re" (edita dalla BMG) e nel 1993 la cantata "Voci all'Aria" per RadioTre RAI. Nel 1995 pubblica l'album "Invito" (BMG) proposto in importanti avvenimenti spettacolari e compone l'opera "La via dei Romei", commissionata da Europe Jazz Network e selezionata dalla RAI per il Grand Prix Italia, edizione '96. "La via dei Romei" è anche il titolo dell'album di recente pubblicazione (BMG). Sparagna ha avuto modo di collaborare, tra gli altri, con Lucio Dalla, Angelo Branduardi, Francesco De Gregori.
Nel 2004-2005-2006 è Maestro Concertatore del festival “La Notte della Taranta” di cui ha diretto l’Orchestra.
Dal 2007 è fondatore e direttore dell’Orchestra Popolare Italiana dell’Auditorium Parco della Musica di Roma. |
Vinni la bedda
Le donne nella poesia popolare siciliana
un progetto originale di Ambrogio Sparagna
per i solisti dell'Orchestra Popolare Italiana dell'Auditorium Parco della Musica
con
Ambrogio Sparagna organetti
Eleonora Bordonaro voce
Antonio Smiriglia voce
Cristiano Califano chitarra
Arnaldo Vacca percussioni
Erasmo Treglia ghironda, torototela, ciaramella, fiati popolari
e con gli Organetti di Tavola Tonda
ospite Mimmo Cuticchio
Un grande omaggio alla poesia popolare siciliana in un concerto che vede come protagonisti alcuni solisti dell’Orchestra Popolare Italiana. Ispirati dalle fonti costituite dalle raccolte letterarie ottocentesche e in particolare da quelle preziosissime di Giuseppe Pitrè e da alcuni documenti musicali presenti in vari Archivi sonori, siciliani e nazionali, i solisti dell'OPI raccontano in versi e parole il mondo antico e ancora attuale della Sicilia delle donne, lavoratrici, amanti, madri, passionali, selvagge e sante. In una Sicilia quanto mai varia si ritrovano lingue e dialetti diffusi eppure dimenticati, indovinelli, litanie e poesie in gallo-italico, l’antico idioma arrivato insieme ai Normanni nel XII secolo e in arbëreshë, l'originale lingua degli albanesi d'Italia. Attraverso la musica, si raccontano storie e personaggi, ambienti e atmosfere animate da donne forti, volitive, ottimiste e sfrontate che cantano il lavoro, la maternità, i tradimenti, la fede. I canti di questua, di lavoro, d’amore o religiosi originalmente arrangiati assumono un colore inaspettato, mantenendo una verace emotività nella tecnica vocale e una fedeltà alle melodie tradizionali. |
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Bruno Leone
A Napoli la rinascita di Pulcinella è un merito da attribuire a Bruno Leone che da quasi quarant’anni ne indossa ‘o cammesone. Leone è Pulcinella dal 1979, da quando ha raccolto la maschera dall’ultimo guarattellaro attivo a Napoli, Nunzio Zampella. Nel ‘78 l’anziano maestro a seguito di una malattia alle corde vocali, decide di smettere, decretando di fatto la fine della maschera. Fece i suoi ultimi trionfali spettacoli al Piccolo Teatro di Milano, invitato da Roberto Leydi, su indicazione di Roberto De Simone, e, proprio qui, nel capoluogo lombardo avrebbe di lì a poco lasciato tutti i suoi materiali, mollando, è il caso di dirlo, baracca e burattini. Bruno seguendo il maestro apprende l'arte delle guarattelle ed evita in tal modo la scomparsa di una tradizione che risale a girovaghi e saltimbanchi medievali. L'arte delle guarattelle deve la sua vitalità alla capacità dei burattinai di coniugare memoria e attualità in un rapporto molto attento col pubblico. Bruno Leone, che ha ripreso canovacci e stili di quest'arte, ha contribuito con efficacia alla ripresa di un genere teatrale tanto importante per la storia della cultura napoletana ed europea.
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Pulcinella cuntanapoli
di e con Bruno Leone
Lo spettacolo nasce il 14 febbraio, giorno di San Valentino, a Castel dell’Ovo o isola di Megaride, dove è nata la città di Partenope, il primo insediamento umano che dette origine a Napoli e alla sua storia millenaria. Pulcinella ci racconta come è nato, il suo innamoramento per la città, la storia della sirena Partenope che dopo aver incontrato Ulisse, innamorata e disperata per la fuga dell’eroe, si lasciò portare dai mari sull’isola di Megaride, dove venne trovata e dove in suo onore fu fondata Partenope. La storia dell'uovo magico creato dal mago Virgilio che dette origine al nome del castello. La nascita di Pulcinella e le sue avventure napoletane con il coccodrillo del Maschio Angioino e con la Morte. La storia di Santa Patrizia che naufragò nella stessa isola dove morì la sirena, e qui decise di restare e donare le sue ricchezze ai poveri di Napoli, diventando Protettrice della città e Regina dei poveri. E finire poi con la storia di San Gennaro, protettore della città, oppure continuare con altre storie napoletane come quella fantastica di Spaccanapoli, la strada che attraversa e divide la città come la freccia di Cupido spacca un cuore innamorato.
Lo spettacolo viene introdotto da un Pulcinella contastorie che fa vivere la sua personale interpretazione delle storie napoletane nel teatrino delle guarattelle e si avvale delle lezioni di Mimmo Cuticchio e di Nunzio Zampella. |
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Cesare Maschi
Marionettista e burattinaio dopo aver lavorato per anni in Italia soprattutto in spettacoli tradizionali della commedia dell' Arte, si trasferisce a Londra dove inizia a lavorare con compagnie inglesi.
Nel 2009 fonda e gestisce insieme ad Athena Maschi il Bus King Theatre, un tipico autobus londinese a due piani del 1960, che ristruttura e trasforma in teatro, girando la capitale inglese e presentando spettacoli di burattini per grandi e piccini.
Negli ultimi tre anni ha frequentato il teatro di Mimmo Cuticchio – che Cesare considera un suo punto di riferimento artistico – e dopo vari laboratori sulla drammaturgia, manovra, recitazione ha preso parte ad Una corona sporca di sangue, una rilettura del Macbeth di Cuticchio in cui pupi e attori agiscono sullo stesso piano.
Attualmente si divide tra il teatro e il cinema, con il ruolo di stuntman.
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Il mago Marvelo
"The Disillusioned
Illusionist"
di e con Cesare Maschi
Con i burattini a guanto tradizionale viene presentato un famoso ed acclamato illusionista inglese che si esibisce sul palco. Purtroppo i suoi trucchi sembrano non funzionare, tutto si rivolta contro di lui. Riuscirà almeno la magia del gran finale? |
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I burattini di Christian Waldo
Dietro questo nome si cela l’attività burattinesca di Stefano Giunchi, figura impegnata da 40 anni all’interno del Teatro dei Figura.
Le farse di Sganapino, sono brevi e fulminanti spettacoli tratti dalla tradizione ottocentesca dei burattini emiliani. Humour, cattiveria mista a generosità, scherzi, inganni e bastonate a profusione. Protagonisti i caratteri della tradizione, come Sandrone, Brighella e Colombina. Su tutti spicca Sganapino, personaggio ingenuo, dotato di sensibilità e simpatia, sempre inseguito dai guai e dalla fame. È un po’ stonato, e non coglie mai le situazioni nella loro sostanza. Ma è dotato di un intuito trasversale, di modo che, alla fine, risolve i problemi con l’aiuto della sua mite scopetta. |
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I burattini di Christian Waldo
di e con Stefano Giunchi |
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Pupi di Stac
La Compagnia fu creata da Carlo Staccioli (1915-1971), a Firenze nel 1946. Affiancato dapprima da molti validi collaboratori, fra cui lo stesso Paolo Poli, “Stac” realizzò con Laura Poli, in compagnia dal 1958, un sodalizio artistico che affinò una linea teatrale inconfondibile. Alla morte del fondatore, Laura Poli coadiuvata dal figlio Enrico proseguì l’attività basando il proprio teatro sulla ricerca, raccoltaed elaborazionedi antiche fiabe popolari toscane, molte delle quali tuttora in repertorio. Tutti gli spettacoli sono recitati e cantati dal vivo, con musiche di scena registrate. Burattini di legno intagliato, sono alti circa 60 centimetri ed hanno, unici nella tradizione italiana, figura intera. Sono, insomma, “burattini con le gambe” come il loro fratello più famoso: Pinocchio. Il dialogo con il pubblico ed il ritmo teatrale assai serrato sono alla base della vivacità e dell’imprevedibilità della narrazione. Tutti, dai bimbi più piccoli agli adulti, assistono incantati e partecipi dall’inizio della vicenda fino all’immancabile lieto fine.
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I tre doni del vento tramontano
Ricerche e testo Laura Poli
Scene Massimo Mattioli
Burattini originali Carlo Staccioli
Musiche Enrico Spinelli
Burattinai Enrico Spinelli e Margherita Fantoni
I tre doni magici sono un motivo ricorrente nella fiabistica popolare o d'autore, così come sono tre le prove da superare. Tre è il numero perfetto che ricorre nella leggenda e nel mito. Questi tre doni sono fatti dal Vento Tramontano, qui a rappresentare le divinità della natura, che donano e tolgono, provvedono e infieriscono su chi in loro confida e di loro vive. Ma il vento che soffia sui campi di questi contadini toscani e sulla nidiata dei loro figlioletti, è un vento bonario che fa soltanto il suo mestiere. I veri antagonisti sono gli avidi e i prepotenti che, con la dialettica e l'inganno, riescono a defraudare i poveretti dei doni soprannaturali che la natura offre loro.
Beppe e la moglie Rosa, mezzadri toscani, non hanno più provviste per sfamare la numerosa prole; è inverno e il Vento Tramontano ha distrutto quel poco di verdure che rimanevano nell'orto. Il contadino, incoraggiato dai bambini, decide di andare verso la montagna in cerca del Tramontano per far valere le sue ragioni. Impietositi per la sorte di quei poveretti il Vento e la vecchia madre, la Tramontana, regalano a Beppe una tovaglia magica che fa apparire ogni sorta di vivande prelibate. I poveretti sono finalmente felici, ma il padrone del podere, avido e prepotente, incarica il suo losco cognato di rubare il dono. Rosa, disperata, va a sua volta dal Vento. Il secondo regalo del buon vecchio Tramontano è un sacchetto che dà monete d'oro. Questa volta è la padrona che, arrogante più del marito, finisce per impossessarsi del regalo magico, sottraendolo alla piccola Violina. La bambina trova, con l'aiuto del pubblico, la forza per recarsi dal Vento. Il terzo ed ultimo dono offre a Beppe la possibilità di fare giustizia: i cattivi saranno bastonati per l'irrinunciabile lieto fine.
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Teatro delle Beffe
L’associazione omonima si costituisce nel 1995 con un progetto dedicato al teatro per ragazzi.
Dall’anno di costituzione, sono tanti gli spettacoli prodotti e rappresentati nelle scuole elementari e medie in Sicilia e nel resto d’Italia, così come la partecipazione a festival e rassegne nazionali.
Diversi spettacoli prodotti, sono stati inseriti nel catalogo dell’Ente Teatrale Italiano e inclusi nelle stagioni del Teatro Biondo Stabile di Palermo all’interno della sezione dedicata ai giovani, altri sono stati rappresentati all’interno dei penitenziari di Palermo “Pagliarelli” e “Ucciardone” in occasione specifiche in cui i detenuti incontravano i propri familiari.
Molto intensa è anche l’attività negli Istituti scolastici con laboratori teatrali e workshop sui burattini
Nel 2001 l’Associazione apre uno spazio culturale polivalente per bambini che chiama Teatrino delle Beffe adibito a spettacoli, attività di animazione e laboratori teatrali. Tra le rassegne organizzate ci piace ricordare “Bambini a Teatro” iniziata nel 2002 e attualmente in corso. |
Si cunta e si raccunta…Giufà!!!
Liberamente ispirato ad alcuni racconti trascritti da Giuseppe Pitrè
di Ludovico Caldarera
con Ludovico Caldarera e Monica Andolina
Musiche Davide e Marcello Matera
Burattini Rosalba Patricola
Scene Alessia D’Amico e Nikita Schifaudo
Luci e fonica Riccardo Caldarera
Giufà è maschera della stoltezza universale, che rappresenta il rovescio della comunità di paese. Un paese grande quanto il mondo intero! Seppure con qualche differenza nel nome, a partire dalle sue origini arabe ci sono tracce di lui in tutte le culture a tutte le latitudini. In Italia, grandi studiosi e letterati, come Calvino e Sciascia, ne hanno parlato spesso, affascinati dal suo essere in bilico tra la furba stoltezza e la stolta furbizia. Ancora oggi Giufà suscita lo stupore dei piccoli e l’immutata simpatia dei grandi per le sue azioni stupide e disastrose, che piegano la seriosa realtà ai ripetuti fallimenti dell’eroe.
Per quanto non abbia coscienza della sua stupidaggine, tra i danni che reca agli altri e i vantaggi che ottiene per sé, tra la solidarietà di tutti per le legnate e i rimproveri che guadagna con le sue gesta, Giufà si rivela, in fin dei conti, tutt’altro che sciocco, è anzi il più onesto degli onesti e il più serio degli eroi, nella misura in cui non è sciocca ogni affermazione di verità. Il “cunto” delle sue storie ne valorizza la forma in cui da sempre si sono tramandate e ne rinnova il legame senza tempo tra questo genio pasticcione e i suoi ascoltatori di ogni età. |
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Teatro del Drago
È una delle più antiche Famiglie d’Arte attiva nel settore dei burattini e delle marionette dalla prima metà del XIX secolo: la Famiglia Monticelli è riuscita a tramandare il lavoro artistico di padre in figlio e a coinvolgere in questo mestiere i propri collaboratori che, in alcuni casi, sono diventati essi stessi parte integrante della Famiglia. Ciò ha permesso di non disperdere il notevole patrimonio teatrale e di conservarlo integro, tramandandolo per via diretta.
I fratelli Mauro e Andrea, rappresentano la quinta generazione e sotto il nome di Teatro del Drago proseguono il filone artistico legato al teatro di figura sia tradizionale che contemporaneo.
La compagnia è riconosciuta e sovvenzionata dal Ministero dei Beni e delle Attivitò Culturali e dalla Regione Emilia-Romagna per la produzione e promozione del Teatro di Figura. Gestisce a Ravenna, in collaborazione con Comune e Provincia, diverse programmazioni teatrali nel corso dell’anno fra cui la stagione teatrale “Le Arti della Marionetta” giunta alla XXIV edizione. I loro spettacoli sono stati rappresentati in tutta Europa, nei più importanti festival del settore, ma anche in Giappone, Taiwan, Cina e Stati Uniti. |
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Rapimento del Principe Carlo
da un testo della tradizione popolare del 1800
di e con Mauro e Andrea Monticelli
Questo spettacolo, dalla trama molto semplice, proviene da un vecchio canovaccio della metà dell'800.
La storia inizia alla reggia di un vecchio re a cui è stato rapito il figlio. Viene dato ordine ai servi e ai soldati di andare a cercare il Principe Carlo in tutte le terre del regno; alla ricerca parte anche Fagiolino aiutato dai consigli della vecchia Fata Circe. Presto lo trova nel bosco della Rogna nelle mani del terribile e potente brigante Spaccateste e del suo gigante. Fagiolino dopo un lungo duello bastona senza pietà i cattivi e riporta sano e salvo il Principe Carlo a suo padre il re.
In onore di Fagiolino sarà fatta una grande festa.
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Teatro degli Spiriti
Marionettista e burattinaio dopo aver lavorato per anni in Italia soprattutto in spettacoli tradizionali della commedia dell' Arte, si trasferisce a Londra dove inizia a lavorare con compagnie inglesi.
Nel 2009 fonda e gestisce insieme ad Athena Maschi il Bus King Theatre, un tipico autobus londinese a due piani del 1960, che ristruttura e trasforma in teatro, girando la capitale inglese e presentando spettacoli di burattini per grandi e piccini.
Negli ultimi tre anni ha frequentato il teatro di Mimmo Cuticchio – che Cesare considera un suo punto di riferimento artistico – e dopo vari laboratori sulla drammaturgia, manovra, recitazione ha preso parte ad Una corona sporca di sangue, una rilettura del Macbeth di Cuticchio in cui pupi e attori agiscono sullo stesso piano.
Attualmente si divide tra il teatro e il cinema, con il ruolo di stuntman.
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Bianca cipudda
Spettacolo per attore e burattini.
con Vito Bartucca e Salvino Calatabiano
Bianca Cipudda è vittima di un incantesimo che non le permette di sposarsi. Il giovane Peppino si innamora di lei e a rischio della propria vita, con l’aiuto di Crapapelata e donna Lucina, cercherà di spezzare il terribile maleficio.
Tratta da “Bianca Cipudda”, la favola raccolta da Giuseppe Pitrè è contenuta nei volumi “Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani”.
Lo spettacolo sarà introdotto da una breve gag di clownerie con due figure classiche del teatro circense legato ai pagliacci. |
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